Violenza domestica: mettersi al sicuro si può
L’emergenza Covid costringe a convivenze tutt’altro che sicure. Crollo delle chiamate al numero antiviolenza 1522 nelle prime settimane. Valentina Di Gennaro: "Gli strumenti ci sono per tutelarsi"
CIVITAVECCHIA – Il “rimaniamo a casa” non per tutti è sinonimo di sicurezza e protezione. L’isolamento per chi è vittima di violenze domestiche si dimostra invece una tortura, un’agonia, una prigione. Una convivenza forzata che non fa altro che accentuare problemi, tensioni e appunto episodi di violenza domestica. Violenza che non è solo fisica, ma anche psicologica o anche economica, oggi più accentuata proprio dalle ripercussioni negative, in questo senso, scaturite dall’emergenza coronavisurus che non permette in molti casi di percepire reddito. I dati dei centri antiviolenza indicano un calo vertiginoso delle richieste di aiuto nei primi 15 giorni di quarantena: -55% di chiamate al Telefono Rosa. Certo, avere dati reali è quasi impossibile oggi in questa situazione emergenziale. In questo frangente le donne hanno più difficoltà a contattare i centri antiviolenza telefonicamente: ecco perché nei giorni scorsi il Ministero delle pari Opportunità ha lanciato l’idea di una App che può essere molto utile per denunciare. Permette di rivolgersi al numero verde 1522 senza necessità di parlare e quindi senza correre il rischio di essere ascoltate, e quindi attivare le procedure per affrontare il problema e azionare i dispositivi di emergenza. Anche la Polizia ha ampliato le potenzialità della sua app You Pol inizialmente nata per i ragazzi, per episodi di bullismo o legati agli stupefacenti, rivolgendosi anche alle donne.
«Oggi mettersi al sicuro si può, ci sono gli strumenti: ci si può mettere al sicuro anche con i propri figli». È questo il messaggio positivo che una delle operatrici antiviolenza, Valentina Di Gennaro, ha lanciato nei giorni scorsi attraverso Radio Stella Città.
«Stando a casa è più difficile chiedere aiuto, uscire dall’esperienza della violenza e poi denunciare – ha spiegato – per chi vive con un compagno violento, questa situazione estrema aggiunge violenza a violenza. Non c’è possibilità di uscire, neanche quell’ora d’aria rappresentata magari dalla spesa, dal lavoro o dal lavoro del coniuge stesso. Una convivenza forzata che rappresenta un’emergenza. L’invito è quello di trovare un escamotage per chiedere aiuto, quando si fa la spesa, una piccola commissione o semplicemente andare a portare in strada la spazzatura». La situazione si complica in presenza di minori, che oggi non frequentando la scuola, sono a casa tutto il giorno ed assistono ad una quotidianità violenta che ha forti ripercussioni su di loro. I centri antiviolenza sono attivi ed il centralino del 1522 risponde tutti i giorni, 24 ore su 24. Ci sono poi chiaramente i numeri delle forze dell’ordine, primo punto di riferimento.
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