La cannabis può “curare” il coronavirus?
Negli ultimi giorni si è parlato a più riprese – e, spesso, senza sufficiente consapevolezza – di una notizia proveniente dal Canada, secondo cui alcuni ricercatori avrebbero scoperto che la cannabis può essere usata efficacemente per curare il coronavirus. Ma è davvero così? Le cose sono, evidentemente, molto diverse.
Lo studio necessita di una revisione In primo luogo, stiamo parlando di uno studio ancora in una fase di preprint, che necessita dunque di una peer review. Con questo non vogliamo certamente sminuire gli sforzi dei ricercatori dell’Università di Lethbridge (appunto, in Canada), ma semplicemente accennare al fatto che prima di trarre delle conclusioni sulle loro ricerche, è evidentemente opportuno aspettare tempi più propizi. Non è questo, comunque, l’unico elemento di perplessità sull’analisi condotta dall’istituto universitario.
Non una cura, ma un aiuto ad alleviare i sintomi In secondo luogo, è naturalmente sbagliato (come qualche “titolista” ha invece cercato di affermare con eccessiva enfasi) che la cannabis, ancorché medica, possa curare il coronavirus. Anche se lo studio dell’università canadese dovesse rivelarsi appropriato, sarebbe invece opportuno parlare della possibilità che alcuni tipi di marijuana (e, come vedremo tra breve, in dosi non comuni) siano in grado di alleviare i sintomi di COVID-19. Secondo un’altra parte dello studio, su cui però le perplessità di parte degli studiosi sono ancora più elevate, ci sarebbe anche la possibilità di contenere il rischio di essere infettati dal nuovo coronavirus, andando in questo modo ad agire in termini preventivi.
Quale cannabis usare? In terzo luogo, quando parliamo di marijuana utilizzabile a tali fini, non ci riferiamo evidentemente ai prodotti di cannabis light che possono essere lecitamente ordinati all’interno dei principali negozi di canapa legale italiana, o sui siti internet dei fornitori di riferimento come CBDexpress. Ci riferiamo invece agli estratti di cannabis sativa medica, contraddistinta da un alto contenuto di cannabidiolo (Cbd). Tale cannabis medica avrebbe effettivamente contribuito a diminuire l’espressione delle proteine Ace2 e Tmprss2, che sono quelle che il coronavirus Sars-Cov-2 sfrutta per poter entrare nelle cellule umane.
E ora? Considerato quanto sopra, sono gli stessi ricercatori universitari a ricordare che i risultati sono ancora preliminari, da confermare, e che sarebbe prematuro pensare a un’applicazione clinica. Tuttavia, se i risultati dovessero rivelarsi attendibili, i cannabinoidi potrebbero realmente costituire un buono strumento nella lotta al coronavirus. Gli estratti di cannabis sativa ad alto contenuto di Cbd – affermano i ricercatori nelle note di presentazione dello studio – possono dunque candidarsi per divenire, in un prossimo futuro, un’aggiunta utile e sicura al trattamento dell’infezione del nuovo coronavirus, elevandosi a terapia di supporto per i pazienti che dovessero risultare positivi e sintomatici a questo virus. La ricerca, quindi, a quel punto potrebbe proseguire in un’ulteriore direzione: lo sviluppo di trattamenti di natura preventiva, che potrebbero essere somministrati addirittura sotto forma di collutori per gargarismi, e in grado di elevare maggiori barriere contro il rischio di essere infettati dal nuovo coronavirus. Non ci resta che attendere ulteriori notizie – sperando, naturalmente, che siano positive – dallo studio canadese e dalle sue prossime evoluzioni.