«Ambire a una pena esemplare sarebbe solo per una vendetta »
LADISPOLI – «Ambire a una pena esemplare solo per appagare i desiderata del popolo italiano non è lo scopo del processo, è qualcos’altro, è solo vendetta. Una condanna per omicidio volontario rappresenterebbe un abominio giudiziario». Queste le parole dell’avvocato Andrea Miroli, legale della famiglia Ciontoli, durante l’apertura della sua arringa rivolte ai giudici della Corte d’Appello di Roma chiamata a decidere sulla sorte della famiglia Ciontoli per la morte di Marco Vannini. Nella sua discussione il legale ha ripercorso le fasi processuali puntando i riflettori sul ruolo giocato dai media e sull’opinione pubblica che da cinque anni chiede giustizia e verità per Marco Vannini. Il legale ha voluto evidenziare la necessità di “punire” i Ciontoli secondo la legge per quello che hanno commesso e non per «appagare il popolo italiano». Nella sua arringa il legale più di una volta ha evidenziato come «Antonio Ciontoli ha sottovalutato la gravità della ferita» e per tale motivo non si può condannarlo per omicidio volontario con dolo eventuale. Riguardo ai suoi famigliari, questi «non avevano la consapevolezza che fosse stato esploso un colpo d’arma da fuoco» e «nessuno si è sentito di mettere in discussione l’autorità paterna». Dopo lo sparo e la prima chiamata al 118, quando è stato ritrovato il bossolo da parte di Federico, come hanno ripercorso i legali durante la loro arringa, proprio quest’ultimo ha chiesto al padre di allertare i soccorsi e la famiglia non era presente al momento della seconda chiamata “quella del pettine”. «Lui da uomo del sud non voleva perdere quell’aurea da uomo infallibile, quindi si nasconde – ha detto Miroli – per chiamare il 118». Nessuno dunque sa cosa abbia riferito il padre ai sanitari. Questo, poi, a dire dell’avvocato Miroli, ha trovato conferma da quanto successo al Pit: da un lato Antonio Ciontoli che chiede al dottor Matera se si può nascondere il colpo d’arma da fuoco, dall’altra parte il figlio Federico che «va dai genitori di Marco raccontando dello sparo». Per Miroli, come poteva Federico «essere d’accordo col padre che invece voleva nascondere il colpo chiedendolo a Matera? È dunque evidente per la difesa che il capofamiglia «non lo dice al figlio».. Sulla stessa lunghezza d’onda anche gli avvocati Messina e Ciruzzi (quest’ultimo legale di Federico Ciontoli) che hanno chiesto ai giudici della Corte una condanna per omicidio colposo con colpa cosciente solo per il capofamiglia (la sentenza pronunciata dalla prima Corte d’Appello lo scorso anno) e l’assoluzione per il resto della famiglia: i due figli Federico e Martina e la moglie di Antonio Ciontoli Maria Pezzillo. «Laddove non pensate di assolverli – ha inoltre aggiunto Miroli – ritenuta valida la posizione di garanzia, chiedo di valutare l’omicidio colposo».
A commentare le parole dell’avvocato Miroli è stata mamma Marina: «Noi non abbiamo mai chiesto vendetta , noi chiediamo giustizia. Anzi – ha proseguito Marina – nell’immediatezza chiedevo giustizia e verità. Purtroppo la verità sarà solo quella processuale e non quella storica, quindi io voglio solo la giustizia e che arrivi presto perché per 2 genitori, vivere ogni giorno quest’angoscia è massacrante». Mamma Marina punta i riflettori anche sulle parole della difesa relativamente alla chiamata effettuata da Federico al 118 e che testimonierebbe come il giovane non volesse la morte di Marco: «Perché Federico non ha chiamato anche me? Perché ce lo hanno detto anche solo al Pit?».