Ma ora pensiamo al futuro della città

Gino Saladini è voluto rimanere al suo posto fino alla fine, pagando in prima persona anche dal punto di vista dell’immagine. Dopo gli avvisi ai naviganti, e come lasciava intendere l’aria di burrasca che da giorni si respirava al Pincio, il vascello è affondato. Un naufragio per chi, fino alla fine, non ha voluto prendere atto del fallimento di un progetto politico di rinnovamento che è morto il giorno stesso del trionfo elettorale di Saladini. Che ha deluso tutti, proprio perché tutti (o quasi) si aspettavano tantissimo da lui.

Invece, prigioniero – o complice? – di figure più forti ed esperte di lui nella navigazione dei mari pieni di insidie della bassa politica locale, oltre che di mercanteggiamenti di bassa cucina, si è lasciato ‘‘morire’’ politicamente senza opporre resistenza, e senza quello scatto d’orgoglio che da lui in molti si sarebbero attesi.

Sia chiaro: nessun civitavecchiese può sorridere per quanto sta avvenendo. Se da un lato, infatti, si può sostenere che proseguire così sarebbe stato un danno per tutta la citt°; dall’altro ci si deve porre, da subito, il problema di cosa accadrà domani.

Bisogna evitare che Civitavecchia diventi una città ingovernabile, alla stessa stregua di quei comuni in cui si torna alle urne quasi tutti gli anni per le continue crisi istituzionali.

Sta ai partiti recuperare, se ne sono ancora capaci, il loro ruolo di mediazione con la società e, con alto senso di responsabilità, aprire una fase di dialogo che vada al di là degli schieramenti tradizionali: ora il problema non è quello di una destra contro la sinistra. Ora serve un governo stabile da costruirsi su pochi punti fondanti, al di là di quelli che una volta si chiamavano gli steccati ideologici. La città ha bisogno di risposte ai suoi problemi.

Starà invece ai cittadini, sulla scorta delle recenti esperienze, scegliere il meglio per sé e per Civitavecchia, cercando di non premiare, come avvenuto finora, comportamenti che invece andrebbero censusati.