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Crollano anche le vendite di farmaci

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CIVITAVECCHIA – In tempo di crisi, si cerca di risparmiare anche sui farmaci. Soprattutto se si tratta di farmaci non salvavita. È questo il dato che emerge dal rapporto Osmed sulla spesa farmaceutica nel 2012, presentato dall’Aifa la settimana scorsa e fornito da Federfarma. La vendita dei farmaci in fascia C con ricetta è calata del 6,5%. Un dato confermato anche a livello locale. A Civitavecchia, secondo le dichiarazioni del farmacista Vincenzo Palombo, si oscilla tra il -6% e il -10%. Soprattutto in presenza di «nuclei familiari monoreddito o – ha aggiunto Palombo – in presenza di giovani disoccupati o anziani con pensioni minime». E a diminuire è anche la spesa farmaceutica territoriale SSN (farmacie, diretta e DPC, ossia la possibilità per l’utente di acquistare il farmaco solo all’interno delle farmacie ospedaliere), che registra un -8%. Una crisi che, oltre a colpire la popolazione con il minor acquisto di farmaci, colpisce anche la categoria. «In Italia – ha dichiarato il dottor Antonio Amalfitano, responsabile provinciale dell’ordine dei farmacisti – ci sono farmacie costrette a ridurre l’orario di lavoro al personale, passando dal full time al part time. C’è anche chi ha messo i dipendenti in cassa integrazione». E, come dichiarato da Palombo, «c’è anche chi ha dovuto procedere a licenziamenti tout court». Infatti, «al di là del calo medio del 10% della spesa farmaceutica convenzionata – ha spiegato Palombo – negli ultimi anni si sono verificati dei tagli drastici alla remunerazione della farmacia: cala la spesa farmaceutica e ovviamente cala il fatturato della farmacia ». E che il quadro sia preoccupante, per il dottor Amalfitano, lo confermano anche le recenti dichiarazioni del presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi sulla legge di stabilità: «Se fossero confermate le sorprendenti indiscrezioni che circolano in questi giorni su ulteriori tagli alla farmaceutica, il Governo approverebbe, nei fatti, un piano tragicamente efficace: Destinazione Estero. L’esatto opposto del Piano ‘‘Destinazione Italia’’». Le aziende a capitale italiano, infatti, «sarebbero costrette ad abbandonare il Paese o a cessare l’attività».


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