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Guerre del Clima, nel mondo sono ben 79

Guerre del Clima, nel mondo sono ben 79

Si stima che nel 2050 ci saranno 250 milioni di rifugiati ambientali

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Dal dopoguerra a oggi, ben 111 conflitti nel mondo sono da imputarsi a cause ambientali. Di questi, tra i 79 ancora in corso ben 19 sono considerati di massima intensità (livello 4 su una scala da 1 a 4), stando a quanto rileva un recente report commissionato dai Paesi del G7 all’istituto tedesco Adelphi con il sostegno del ministero degli Esteri tedesco. Un lungo elenco di tragedie e catastrofi che, secondo gli ultimi dati del Unhcr, si stima possa generare fino a 250 milioni di rifugiati ambientali al 2050. Tema al centro dell’incontro “La sfida del clima per la sicurezza e la pace” organizzato oggi alla Camera dei Deputati dall’Intergruppo bicamerale per il clima Globe Italia. Conflitti come quello civile in Siria, dove fra il 2006 e il 2011 si è avuta la siccità più lunga e la perdita di raccolti più grave mai registrate fin dai tempi delle prime civiltà nella Mezzaluna fertile. Su 22 milioni di abitanti, oltre un milione e mezzo è stato colpito dalla desertificazione, che ha provocato massicce migrazioni di contadini, allevatori e famiglie verso le città. Nel 2002, abitavano le città siriane 8,9 milioni di persone; alla fine del 2010, il numero era salito a 13,8 milioni. E ancora le guerre per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi che hanno distrutto gli ecosistemi in Nigeria, o la guerra civile in Darfur che vede nell’accesso alle risorse idriche una delle sue cause. E poi le rivolte per l’espropriazione delle terre e la deforestazione a danno dei coltivatori e degli indigeni in Cambogia, o l’immigrazione clandestina dal Bangladesh alla regione indiana dell’Assam causata dai mutamenti climatici e i conseguenti conflitti con le popolazioni autoctone. O infine lo scontro tra le fazioni di Jikany Nuer e Lou Nuer nel Sud del Sudan per il controllo delle scarse risorse idriche, o i conflitti legati alla costruzione della diga Sardar Sarovar sul fiume Narmada in India. Le risorse idriche siriane dipendono in gran parte anche dalla portata dei fiumi che scendono dalle montagne della Turchia che controlla l’alto corso del Tigri e dell’Eufrate. Sono 14 le dighe sul corso dell’Eufrate e 8 quelle sul corso del Tigri, 19 centrali idroelettriche che hanno determinato una riduzione di portata dell’Eufrate in Siria del 40% e la riduzione di portata dell’Eufrate in Iraq del 90%. Il controllo dei fiumi e delle risorse idriche è uno dei maggiori fattori di tensione a livello internazionale. Secondo il World Watch Institute “l’alterazione delle precipitazioni potrebbe accrescere le tensioni rispetto all’uso dei corpi idrici condivisi e aumentare la probabilità di conflitti violenti sulle risorse idriche. Si stima che circa 1,4 miliardi di persone già vivono in aree sotto stress idrico. Un numero che al 2025 potrebbe arrivare fino a 5 miliardi di persone». Sempre secondo l’istituto di ricerca di Washington “gli impatti diffusi dei cambiamenti climatici potrebbero portare a ondate migratorie, minacciando la stabilità internazionale. Si stima che entro il 2050, ben 250 milioni di persone potrebbero essere fuggite da aree vulnerabili per l’innalzamento del mare, tempeste o inondazioni, o terreni agricoli troppo aridi per coltivare».


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