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In Italia 31mila navi e 150 relitti abbandonati

In Italia 31mila navi e 150 relitti abbandonati

Presentato il ddl che prevede un Osservatorio e un consorzio per il riciclaggio

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Nei nostri porti e nelle loro vicinanze ci sono ben 31mila navi abbandonate; nei mari 150 relitti di navi maggiori semi affondate, destinate ad essere affondate o che giacciono già sui fondali, compresi quelli delle aree marine protette. Numeri destinati a crescere visto che ogni anno si stima l’abbandono di 20 navi maggiori nei porti italiani. Con tutte le conseguenze del caso, in termini di inquinamento ma anche di sfruttamento di risorse: sono 42mila le tonnellate di vetroresina costituite dalle barche abbandonate, senza contare ferro e acciaio. Un disegno di legge ora punta ad affrontare questo problema: è il ddl «in materia di rimozione e riciclaggio dei relitti navali e delle navi abbandonate nei porti nazionali», iniziativa promossa dal presidente della Commissione Ambiente del Senato Giuseppe Marinello. Dieci articoli che prevedono importanti novità: dalla mappatura dei relitti e delle navi abbandonate, alla costituzione di un osservatorio e di un nuovo consorzio. «La proposta di legge è stata firmata da parlamentari di diverso orientamento politico con la finalità ultima di creare un meccanismo che dia responsabilità dirette alle autorità competenti al fine di identificare e censire queste navi e, attraverso un consorzio obbligatorio, agevolare il percorso per la risoluzione del problema – spiega Giuseppe Marinello – un nuovo consorzio per la cui costruzione abbiamo demandato a decreti attuativi che verranno emanati dal ministero dell’Ambiente». Un percorso di recupero ambientale e di materie prime, tutto italiano. «La cantieristica nazionale – sottolinea Marinello – è molto diffusa nell’Adriatico, nel Tirreno e anche nel Canale di Sicilia, e collegata alla portualità, senza contare che abbiamo una grande tradizione cantieristica e di demolitori». Innanzi tutto, il progetto di legge prevede due nuove figure giuridiche: i relitti (ovvero le navi affondate, semi affondate o destinate ad essere affondate) e le navi abbandonate (quelle cioè per cui da almeno 30 giorni l’armatore o proprietario non abbia posto in essere alcun atto previsto dalla legge relativamente agli obblighi verso lo Stato costiero, il raccomandatario marittimo e l’equipaggio). Per le due tipologie, il disegno di legge prevede la mappatura, da avviare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge e la costituzione, all’interno del ministero dell’Ambiente, di un osservatorio nazionale sui relitti e sulle navi abbandonate con il compito di tenere aggiornata la mappatura. E poi il consorzio (Correnab, Consorzio per il riciclaggio dei relitti navali e delle navi abbandonate) al fine di assicurare il riciclo dei materiali da questi provenienti, alimentato attraverso un contributo ambientale obbligatorio senza nessun esborso da parte della finanza pubblica perché ricadrà sulle navi che attraccano nei porti italiani e che dovranno quindi versare un piccolo contributo. Il «Ddl dei relitti» affronta anche il problema delle imbarcazioni utilizzate dai trafficanti di esseri umani, questione che riguarda in particolare il Canale di Sicilia ma in generale tutto il Mediterraneo. «Pensiamo a Lampedusa, dove si ammassano sulle coste queste ‘carcasse’ che, essendo anche ‘corpi del reato’ non possono essere facilmente demolite», sottolinea il senatore Luis Alberto Orellana, segretario della Commissione Ambiente. Il ddl punta quindi a snellire le lungaggini dell’autorità giudiziaria. E per i tempi? «Prima della sospensione estiva dei lavori, spero di aver completato tutto l’iter in Commissione – dice Marinello – poi, se riuscissimo a trovare l’intesa di tutti i gruppi parlamentari, potremo andare a una forma veloce in Commissione attraverso la via legislativa».


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