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Archiviate le indagini per le persone coinvolte nell’inchiesta ‘‘Alsium’’

Archiviate le indagini per le persone coinvolte nell’inchiesta ‘‘Alsium’’

Novità sulle indagini della Dia che scossero la città di Ladispoli lo scorso febbraio

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di DANILA TOZZI

 

LADISPOLI – Sono state archiviate le indagini perché risultano estranei D.D.M., V.M., N.F., C.S. e D’A.G, nel coinvolgimento della maxi operazione denominata “Alsium” che a febbraio la Dia condusse a Ladispoli e che portò all’arresto, per usura e gioco d’azzardo, tre uomini: Patrizio Massaria, Angelo Lombardi, Carlo Risso legati a clan camorristici e al sequestro di beni per 100 milioni di euro tra immobili, società, rapporti bancari, veicoli e terreni agricoli parte dei quali, proprio in funzione delle prime archiviazioni, saranno soggetti a procedure di sblocco e dissequestro.

Nella città di Ladispoli, e nelle città limitrofe, l’operazione destò grande scalpore in quanto si trattava di personaggi ben noti negli ambienti del sottobosco economico e che rimangono tuttora sottoposti a regime di arresti domiciliari.

Si alleggerisce invece la posizioni dei cinque per i quali il Pubblico ministero Mirko Pilloni, sostituto procuratore al tribunale di Civitavecchia, ha richiesto al Gip l’archiviazione del procedimento visti gli atti dell’accusa relativi all’articolo 644 del codice penale; la richiesta, a quanto è dato sapere, è stata accolta, con decreto di archiviazione, depositato a fine maggio, dal giudice C.G.

Si chiude quindi un capitolo della lunga e travagliata storia di cronaca giudiziaria che ha scosso nel profondo la stessa città di Ladispoli anche per i risvolti che tale operazione ha comportato.

Il sequestro venne eseguito nei confronti dei tre (tuttora ai domiciliari) oltre a Francesco Naseddu, Giuseppe D’Alpino, residenti a Ladispoli, (D’Alpino, residente a Cerveteri gestore di un bar di Massaria); in particolare proprio per questi ultimi due, insieme a D.D.M., V.M., C.S., nell’ambito di approfondite indagini volte a verificare la loro partecipazione alle attività illecite non sarebbero stati riscontrati elementi accusatori sufficienti per portarli in giudizio.

Da qui la decisione del giudice di archiviare le loro posizioni.

Eppure all’epoca dei fatti erano saltati fuori i nomi dei cinque uomini che guidavano patrimoni milionari, ottenuti senza scrupoli ai danni di imprenditori locali in crisi economica costretti poi a vendere le loro proprietà per ripagare il debito stratosferico contratto per non aver onorato il prestito pattuito.

Un articolato e criminale sistema di usura anche nei confronti di cittadini vittime del gioco d’azzardo, incoraggiato peraltro dagli stessi usurai che lo gestivano sulla piazza di Ladispoli.

Il provvedimento, emanato a seguito della proposta di misura di prevenzione formulata dal Direttore della Dia, generale Nunzio Ferla, fu l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dallo stesso Centro Operativo.

L’indagine era partita nel marzo 2014, nell’ambito delle attività di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali nell’alto litorale tirrenico laziale, ed aveva portato a concludere che tra Ladispoli, Cerveteri, Civitavecchia ed Olbia-Santa Teresa di Gallura, si erano create anonime società e imprese dietro cui prosperavano all’inverosimile i mercati clandestini messi in piedi da clan camorristici, attraverso propri referenti stanziatisi nel tempo in quel territorio.

Dopo una serie di indagini e ricerche, nel mirino degli inquirenti finirono alcuni clan camorristici locali, e non solo, che avrebbero costruito sul litorale una rete di referenti.


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