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Una casa per Danielle e Chiara: ''La soddisfazione è essere riusciti a risolvere il problema con una catena di solidarietà''

Una casa per Danielle e Chiara: ''La soddisfazione è essere riusciti a risolvere il problema con una catena di solidarietà''

 Santoro: «Non riuscivo a farmi capace che Roma non rispondesse con una soluzione»

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di TONI MORETTI

CERVETERI – La storia di Chiara Insidioso Monda e della madre Danielle torna alla ribalta con una notizia che non può che rallegrare tutte le donne, organizzate e non, che da tempo hanno stretto intorno alle due una cintura di protezione e di solidarietà. Di protezione per la difesa del diritto di Chiara, ritenuta da Vittoria Tola, presidente Nazionale dell’Unione Donne Italiane, «vittima di un femminicidio senza fine, a scadenza indeterminata», di avere un risarcimento istituzionale. Chiara, come si sa, è stata massacrata di botte dal suo fidanzato, è stata in coma per nove mesi e attualmente si trova in un centro clinico di riabilitazione di Roma, il S. Lucia, su una sedia a rotelle e nella condizione che non potrà mai più riprendere condizioni di vita normale. Questa per la Tola, è «la condizione che produce l’indeterminatezza di una vittima di violenza, che non è morta ma che ha creato una condizione di vita diversa da quella normale alterandone tutti i parametri delle aspettative». Il punto di questa catena di solidarietà parte da una intuizione e un certo disagio che una concittadina di Cerveteri, paese dove vive Danielle e dove si è cresciuta anche Chiara, attraverso il clamore mediatico della campagna

“Una casa per Chiara” nota. Una forma di oscuramento di Danielle in quanto il messaggio che passava si poteva interpretare come quello di una famiglia normale: padre, madre e figlia sfortunata con un unico portavoce che comunicava per il bene di tutti. Giuliana Olzai, esperta di violenza con al suo attivo anche una pubblicazione sulla violenza ai minori, sapeva che Danielle era separata dal marito da molti anni, che viveva in un altro luogo, che aveva un’altra compagna.

Giuliana sapeva anche però che Danielle, dal giorno in cui successe il fatto, tutti i giorni affrontava due ore e passa di viaggio per andare dalla figlia dove restava e l’accudiva per tutto il giorno fino agli orari consentiti al S. Camillo prima e al S. Lucia poi. Che nel mentre aveva perso il lavoro, la casa, viveva infatti in casa di amici, e che non la sosteneva nessun altro che il comune di Cerveteri che attraverso i servizi sociali le elargiva un contributo di trecento euro al mese. L’8 marzo Danielle andò alla Casa Internazionale delle donne, raccontò la sua vicenda e riequilibrò la verità. Disse: “L’unico desiderio che ormai ho è vivere per mia figlia, per accudirla e farle compagnia”. Concordi che fondamentale per i progressi che Chiara otteneva nella riabilitazione fosse la presenza costante della madre ed il suo modo di trattarla, sono stati anche medici, riabilitatori e volontarie del centro antiviolenza che hanno conosciuto Danielle e l’hanno vista operare. Un’Ansa di giovedì dove Danielle annunciava che il Presidente del nono municipio di Roma Andrea Santoro, che aveva già conosciuto al S. Lucia dove si era recato a fare visita a Chiara e a lei in forma privata, l’aveva chiamata, le aveva fatto vedere una casa all’Eur, una villetta trilocale con giardino, che lei era emozionatissima quando le disse che se le piaceva l’avrebbe data a lei e Chiara ha fatto esplodere la gioia di tutte quelle donne che la hanno sostenuta.

“Prendo atto” dice la Tola “che il caso di Chiara ha provocato la prima risposta Istituzionale ad una vittima di femminicidio come l’ho definito a scadenza indeterminata”. La soddisfazione è stata espressa anche da altre associazioni. Lunedì prossimo in giunta si approverà l’atto che comincia l’iter burocratico. “Non riuscivo a farmi capace che una città come Roma non rispondesse con una soluzione a questa chiamata – afferma Santoto – La soddisfazione è essere riusciti a risolvere il problema con una casa adatta, in mezzo al verde, in una zona tranquilla ma soprattutto con una catena di solidarietà che vede impegnate anche aziende locali che gratuitamente faranno i lavori necessari all’abitazione. La casa è priva di barriere architettoniche».


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