Bracconiere ucciso: determinante l’esame delle cartucce
di TONI MORETTI
CERVETERI – Il riserbo delle autorità sullo sviluppo delle indagini sull’incidente occorso ai tre cacciatori di frodo che ha portato alla morte Giovanni Pennacchioli colpito da una scarica di pallettoni partita accidentalmente è totale. Ma l’interrogativo che ci si pone è: da quale fucile il colpo è partito? Da chi? C’è da dire che per nessuno dei componenti il gruppo formato da tre persone, una di nazionalità rumena e l’altra, N. A., amico intimo e da anni della vittima con il quale coltivava questa passione illegale che per Giovanni, terzo componente, è stata fatale, non sono emerse, stante alle prime rilevazioni fatte sulla scena del crimine, responsabilità evidenti che giustificassero provvedimenti in seguito all’episodio specifico. N. A., tra l’altro, ha ammesso di aver sparato al cinghiale trovato ma ha detto anche di aver sentito successivamente altri due colpi provenire da una posizione diversa da quella dove erano appostati, di aver sentito il rumeno urlare e di aver trovato l’amico Giovanni in un lago di sangue. Di aver quindi subito chiamato i soccorsi che hanno faticato a raggiungere “I Puntoni”, località impervia all’interno della tenuta dei Marchesi Patrizi verso il Sasso. I Carabinieri della stazione di Campo di Mare, supportati dalla compagnia di Civitavecchia coordinate dal comandante Capitano Orlando, arrivati sul posto hanno provveduto a sequestrare due fucili, quello della vittima e quello di N. A. in quanto il rumeno risulterebbe non essere armato. Ma se N. A. dice di non aver sparato lui sia pure accidentalmente alla vittima e il rumeno non poteva essere perché non armato, allora chi ha esploso il colpo o i colpi fatali per Giovanni Pennacchioli? C’era un quarto uomo che faceva parte del gruppo, sparito e “coperto” dagli altri due? O c’era un altro cacciatore, o più cacciatori che ignoravano la presenza dei tre che si sono dileguati non appena successo il fattaccio? Tra l’altro, Giovanni è stato ferito all’addome e all’inguine, un’altezza compatibile con quella di una probabile preda. Ora a detta del popolo di esperti della caccia che dalle confidenze che si sono scambiate hanno a loro modo ricostruito quanto potrebbe essere successo, questo si potrà accertare soltanto se sulla scena sono stati rinvenuti i percussori delle cartucce che porterebbero all’identificazione dell’arma che ha sparato o perlomeno all’esclusione di quelle di chi dice di non averlo fatto, poiché dai proiettili ciò diventerebbe difficile in quanto non avendo quei fucili la canna rigata ma liscia, verrebbe a mancare quella traccia che è quasi un dna nelle armi che hanno la canna rigata. Bisogna poi vedere se sulla scena sono state rinvenute tracce che provino la presenza di un numero di persone superiore da quelle trovate, e dove, a quale distanza. Una mano la darà anche l’autopsia che sarà eseguita al più presto sulla vittima dalla quale si potrà perlomeno stabilire la distanza e la direzione da cui è arrivato il colpo. Una preoccupazione serpeggia nel mondo dei cacciatori di frodo. Qualora le indagini arriveranno al punto di dover identificare altri presenti a “I Puntoni” quella sera, “l’ambiente” sarà rivoltato come un “pedalino” dalle forze dell’ordine e tanto non li rende tranquilli.