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Omicidio Mangiapelo, sconto di pena per Di Muro. Sconfortato il padre della vittima

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di GRAZIAROSA VILLANI

ANGUILLARA SABAZIA – «La giustizia è morta. La vita di mia figlia vale solo 14 anni. Tra 10 anni lui sarà fuori. E inutile che continuiamo a partecipare ad incontri e convegni sui femminicidi quando accadono cose di questo genere. Lei aveva solo sedici anni. Cosa possono aspettarsi tutte le donne che hanno subito violenza o che la subiranno in futuro?».
Non nasconde tutta la sua indignazione Gigi Mangiapelo, il padre di Federica uccisa nella notte di Halloween del 2012, per la sentenza di appello che ieri ha ridotto da 18 a 10 anni la pena per Marco di Muro, il fidanzato ritenuto colpevole di averla annegata nel lago, al termine di una lite finita in tragedia sull’arenile di Vigna di Valle. 
«Già non eravamo soddisfatti con la sentenza di primo grado. Ora questo sconto di pena significa che potrà essere libero anche tra 10 anni. E’ inutile schierarsi contro i femminicidi». Udienza difficile quella di lunedì alla   dinanzi al giudice Giancarlo Cataldo. L’imputato rende dichiarazioni spontanee. Avrebbe detto “Ho rispetto per voi giudici e per la famiglia di Federica, che io amavo, Mi rimetto a voi”. Poi la sentenza: 14 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato, 2 per riconoscimento delle attenuanti generiche, due per il non riconoscimento dell’aggravante della crudeltà. Di Muro, resta detenuto al carcere di Rebibbia, dove, evidentemente consigliato dai propri legali – ha avviato attività di reinserimento iniziando anche a studiare. «Valuteremo con gli avvocati se ci sono le condizioni per presentare appello” dice Gigi Mangiapelo. 
Quella notte, al di là delle streghe, era stata una notte di grandi piogge e fulmini. Federica esce dopo aver visto un film con il padre. 
Lei, il fidanzato, allora 21 anni di Formello, ed un amico allora minorenne, vanno prima in un locale alla Storta. Poi un litigio. Marco la lascia in strada lungo l’Anguillarese. Poi dice di non sapere più niente. Ma delle telecamere ad un benzinaio dove si ferma lo inchiodano. Sospetto anche che, non appena a casa, faccia lavare dalla madre i vestiti. Lava anche l’automobile. Le indagini, condotte nelle primissime ore dai carabinieri della compagnia di Bracciano e poi dal Provinciale, indicano una morte per cause naturali. Si parla di miocardite. Il caso viene archiviato. Ma la famiglia non ci sta. Riesce a far riaprire le indagini. In sede di incidente probatorio viene espletata una superperizia collegiale. Le diatomee, particolari alghe di lago, rinvenute attestano che Federico è stata uccisa per annegamento. Lui le ha tenuto la testa sott’acqua. La sentenza del giudice dell’Udienza Preliminare di Civitavecchia a conclusione del processo col rito abbreviato stabilisce a luglio 2015 una condanna di 18 anni. Ora la sentenza d’appello e lo sconto di pena a 14 anni, come se un femminicidio non fosse un omicidio e non meritasse un ergastolo. Federica con i suoi 16 anni, il suo sorriso, i suoi splendidi occhi non c’è più e come lei tante donne uccise dal proprio uomo. In ricordo di Federica molte le iniziative organizzate in passato. A lei è stato dedicato, alla presenza del vescovo della Diocesi di Civita Castellana Romano Rossi, il laboratorio della biodiversità a Vicarello. Per lei anche una canzone “Lei è leggenda”. L’ha scritta il rapper romano Brusco.  E poi un libro «Federica, la ragazza del lago» (Bonfirraro editore) scritto dallo zio Massimo Mangiapelo, giornalista, che racconta passo passo la vicenda giudiziaria, ma soprattutto la famiglia dopo la morte di Federica. Una storia al quale la sentenza di lunedì non sembra mettere la parola fine.


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