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Ladispoli: sfrattati i senza fissa dimora

Ladispoli: sfrattati i senza fissa dimora

Esecutiva l’ordinanza di sgombero del cavalcaferrovia ma manca una ancora l’alloggio alternativo per i senzatetto. L’assessore Ussia si dice estraneo alla decisione e la Croce Rossa ancora non è stata convocata in supporto 

di FABIO PAPARELLA

LADISPOLI – Ieri il sindaco Paliotta ha firmato un’ordinanza contingibile e urgente per far sgomberare la struttura che si trova sotto il cavalcaferrovia 9 Novembre. Sotto il ponte che unisce due quartieri della città, la zona della biblioteca e della posta con il Miami, ormai da anni c’è un vero e proprio rifugio per senza fissa dimora, dove molti di loro si fermano soprattutto per la notte. 
«L’ordinanza – spiega il sindaco di Ladispoli Crescenzo Paliotta – si è resa obbligatoria dopo la relazione dei vigili che hanno messo in evidenza una situazione rischiosa sia dal punto di vista igienico che della sicurezza della struttura».
Niente da ridire sulla necessità di bonificare e igienizzare l’area, ma quello che ci si è permessi di domandare al sindaco è se già sia stata approntata una soluzione per garantire un riparo a queste persone e, in caso contrario, quali azioni l’Amministrazione abbia intenzione di mettere in campo e con l’aiuto di quali soggetti. In passato, inoltre, si era parlato di un progetto per adeguare quel ricovero provvisorio. Si è chiesto allora al sindaco quali siano gli ostacoli alla realizzazione di un ostello notturno per i senza fissa dimora.
«Abbiamo già avviato incontri con le associazioni che danno assistenza, sia di livello locale che nazionale – ha risposto il sindaco. Non possono certo essere i Comuni da soli a farsi carico di un problema così grave e delicato per molti aspetti. Non è un caso che nessun comune della Provincia dà ricovero a tutti i senza fissa dimora che a migliaia popolano l’area metropolitana. Solo a Roma la Caritas e la Croce Rossa hanno strutture, ma solo per la notte. Basta passare la sera tardi a S.Pietro o alla Stazione termini per vedere quante persone passano la notte sotto le pensiline o i colonnati».
«I magazzini del sottocavalcaferrovia – ha aggiunto Paliotta – non hanno le caratteristiche per essere trasformati in situazioni abitative. Ci sono norme che lo vietano, a parte l’aspetto finanziario».
Un atto dovuto, incontri già avviati e inidoneità di quello spazio ad una funzione abitativa. Chiaro, ma dopo aver contattato una serie di addetti ai lavori, sembra di poter concludere che un piano già predisposto non esiste. Alcune associazioni umanitarie e di volontariato sono già state contattate, ma a quanto si sa al solo scopo di sondare la loro disponibilità a dare una mano. La Croce Rossa di Santa Severa, che il comune avrebbe detto di voler coinvolgere ipotizzando un utilizzo delle tende e dei letti in dotazione per affrontare l’emergenza che si sta per aprire, ieri pomeriggio ancora non era stata informata di nulla né ancora era stata convocata. 
«Noi non siamo stati contattati – confermava nel pomeriggio il presidente della Croce Rossa di Santa Severa Fabio Napolitano – Siamo sempre a supporto di chi ha bisogno. D’altronde là sotto noi ci andiamo regolarmente almeno ogni quindici giorni per fare una serie di attività indipendentemente da quello che succede. Dell’ordinanza di sgombero lo apprendo solo ora».
A non essere al corrente dell’accelerazione segnata dall’ordinanza nemmeno l’assessore alla politiche sociali Roberto Ussia. Interpellato in proposito, l’assessore ha dichiarato:
«Non ero a conoscenza dell’ordinanza. Sapevo che c’era una volontà di procedere, ma più volte ho detto che, fermo restando che lì c’è una situazione di degrado, non si risolve il problema chiudendo (i locali n.d.r) ma che bisogna pianificare in collaborazione con le strutture esistenti sul territorio delle misure alternative per poter garantire, a chi è qui regolarmente o agli stessi cittadini italiani, forme di assistenza minima».
Ora mancano tredici giorni per mettere a punto una strategia, salvo proroghe. Il presidente della Croce Rossa di Santa Severa non ha voluto esprimersi su un’eventuale strategia operativa prima di aver sentito l’Amministrazione, ma ha ribadito la disponibilità della Croce Rossa in merito alla vicenda.  
Non risulta, inoltre, alla Croce Rossa che attualmente vi siano rischi sotto il profilo sanitario connessi a malattie infettive.
Le motivazioni dell’ordinanza vanno cercate, come confermato dalle parole del sindaco, in una condizione precaria dal punto di vista igienico e della sicurezza della struttura. Ma la situazione era sotto gli occhi di tutti da moltissimo tempo, segnalata e analizzata anche a mezzo stampa da questa e altre testate locali. Quindi perché l’ordinanza viene fatta proprio ora? E come mai non si è cercato di costruire prima insieme alle associazioni una soluzione per questa gente? 
Un metodo non proprio ineccepibile quello di ordinare lo sgombero per poi cercare di mettere una toppa mentre il tempo scorre. Si può sempre prorogare l’esecuzione dell’ordinanza, è vero, ma allora perché farla? Per auto-tutela, magari. O forse per una forma di pressione sui soggetti che sono in grado di offrire una risposta. Ma quale fra le varie associazioni che sul territorio si impegnano quotidianamente nel sociale si sarebbe rifiutata di dare il proprio contributo sedendosi ad un tavolo per gestire questa emergenza? Probabilmente nessuna. 
Comunque, lasciando da parte il metodo, ora quello che conta è darsi da fare per affrontare la situazione. E’ vero che non è il comune a poter offrire da solo certe risposte, ma se non intende lavarsene le mani, come nessuno crede voglia fare, crei almeno una cabina di regia e faccia da facilitatore per le azioni degli altri attori. Non lo faccia domani. Ieri.

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