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Unicef: "Bambini migranti, la rotta del Mediterraneo centrale fatale per loro"

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  • Secondo l’indagine: durante il viaggio (dall’Africa Subsahariana), tre quarti dei bambini migranti intervistati hanno dichiarato di aver subito violenze, molestie o aggressioni ad opera di adulti. Quasi la metà delle donne e dei bambini hanno detto di aver subito violenze sessuali o abusi.
  • La maggior parte dei bambini ha denunciato di aver subito abusi verbali o psicologici, mentre circa la metà di loro ha subito percosse o altri abusi fisici.
  • L’anno scorso, almeno 4.579 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dalla Libia, 1 su 40 di quelle che hanno tentato. Di queste, 700 erano bambini.
  • 50 milioni di bambini sono in fuga: alcuni scappano dalla violenza, dalla guerra, dalla povertà e dal cambiamento climatico.
  • A settembre 2016 erano 256.000 i migranti identificati in Libia, fra cui 28.031 donne (11%) e 23.102 bambini (9%), un terzo dei quali non accompagnati. Si ritiene che le cifre reali siano almeno tre volte superiori.
  • Dalla fine del 2015, l’UNICEF ha aiutato 182.500 bambini rifugiati e migranti, anche in Italia.

 

 – Secondo un nuovo rapporto dell’UNICEF , i bambini e le donne rifugiati e migranti subiscono regolarmente violenza sessuale, sfruttamento, abuso e detenzione lungo la rotta del Mediterraneo Centrale, dal Nord Africa all’Italia.

Il Rapporto (della serie “Child Alert”) “Un viaggio fatale per i bambini: la rotta migratoria del Mediterraneo centrale” fornisce un quadro accurato dei terribili rischi che I bambini rifugiati e migranti affrontano durante i pericolosi viaggi dall’Africa sub Sahariana alla Libia, fino alla traversata via mare per raggiungere l’Italia. I tre quarti dei bambini rifugiati e migranti intervistati per una ricerca hanno dichiarato di aver subito violenze, molestie o aggressioni per mano di adulti durante il viaggio, mentre circa la metà delle donne e dei bambini intervistati hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali durante la migrazione – spesso, più volte e in diversi punti lungo il viaggio. La maggior parte dei bambini ha denunciato di aver subito abusi verbali o psicologici, mentre circa la metà di loro ha subito percosse o altri abusi fisici. Fra le ragazze si è registrata una maggiore incidenza degli abusi rispetto ai ragazzi.

L’anno scorso, almeno 4.579 persone sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo dalla Libia, 1 su 40 di quelle che hanno tentato. È stato stimato che almeno 700 delle persone che hanno perso la vita erano bambini.

“La rotta del Mediterraneo Centrale, dal Nord Africa all’Europa, è tra quelle al mondo in cui muoiono più persone ed è tra le più pericolose per i bambini e le donne”, ha dichiarato Afshan Khan, Direttore regionale e Coordinatore Speciale dell’UNICEF per la Crisi dei Rifugiati e dei Migranti in Europa. “La rotta è per la maggior parte controllata dai trafficanti e da altre persone che vedono come prede i bambini e le donne disperati che sono semplicemente alla ricerca di un rifugio o di una vita migliore. Sono necessarie vie e piani di sicurezza sicuri e legali per proteggere i bambini migranti, per tenerli al sicuro e lontano dai predatori”.

Gli ultimi dati di un’indagine su donne e bambini migranti, realizzata in Libia alla fine del 2016, hanno rivelato tremendi livelli di abuso lungo la rotta dei migranti. Durante la realizzazione dell’indagine, 256.000 migranti sono stati registrati in Libia, compresi 30.803 donne e 23.102 bambini – un terzo dei quali era non accompagnato. I dati reali potrebbero essere tre volte più alti.

La maggior parte dei bambini e delle donne hanno indicato di aver pagato i trafficanti all’inizio del viaggio, rimanendo in molti in debito sotto la formula del ‘pay as you go’ ‘pagare per partire’ ed esposti a abuso, rapimento e tratta.

Le donne e i bambini hanno anche raccontato di condizioni sovraffollate e molto dure nei centri di detenzione in Libia – sia in quelli gestiti dal Governo sia in quelli gestiti da milizie armate – che comprendevano la mancanza di cibo nutriente e di rifugi adeguati.

“I bambini non dovrebbero essere costretti a mettere le proprie vite nelle mani di trafficanti semplicemente perché non hanno alternative” ha continuato Khan. “Noi dobbiamo individuare a livello globale i fattori all’origine della migrazione e lavorare insieme per un solido sistema di passaggi sicuri e legali per i bambini in movimento, siano essi rifugiati o migranti”.

L’UNICEF ha sviluppato un programma di sei punti d’azione per questi bambini:

  1. Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolar modo quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza.
  2. Porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, introducendo una serie di alternative praticabili.
  3. Tenere unite le famiglie, come migliore mezzo, per proteggere i bambini e dare loro il riconoscimento di uno status legale.
  4. Consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità.
  5. Chiedere di intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati.
  6. Promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei paesi di transito e di destinazione.

L’UNICEF chiede urgentemente ai Governi e all’Unione Europea di supportare e adottare queste azioni.

Dall’inizio della sua risposta alla fine del 2015, l’UNICEF ha continuato a rispondere ai bisogni dei bambini in movimento, di quelli bloccati o alla ricerca di asilo in Europa. L’UNICEF finora ha fornito a 182.500 bambini rifugiati e migranti diversi servizi. L’UNICEF sta ampliando il suo programma nel Mediterraneo in Grecia e in Italia, supportando gli sforzi dei Governi per migliorare i servizi di riunificazione familiare e di protezione dei bambini.

Nonostante le sfide attuali in Libia, l’UNICEF, insieme con i suoi partner, continua il suo lavoro per rispondere ai bisogni umanitari e di protezione dei bambini più vulnerabili nel paese, compresi quelli rifugiati e migranti nelle municipalità con cui l’UNICEF ha firmato un accordo di cooperazione nell’aprile 2015.


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