Addio a Romolo Bizzotto, per anni una colonna della Juventus dietro le quinte
CIVITAVECCHIA – Ieri mattina a 92 anni se n’è andato Romolo Bizzotto, un nome caro a tutti i tifosi della Juventus, che ha legato il suo nome per decenni ai colori bianconeri.
Nato a Cerea, in provincia di Verona, il 16 febbraio 1925, Bizzotto ha giocato per 2 stagioni alla Juventus, nel 1949/50 e poi nel 1951/52, collezionando 46 presenze e 2 gol e vincendo 2 Scudetti.
Una volta appesi gli scarpini al chiodo a Rovereto, qui iniziò la carriera di allenatore guidando la squadra nell’Interregionale del 1958-1959. Passò poi al vivaio di un altro suo ex club, il Verona, compreso un breve salto in prima squadra, in Serie B. Seguì un triennio in C al Rimini e la lunga militanza in cadetteria, dal 1965 al ’70, con gli emiliani della Reggiana, «cinque anni, con parecchie soddisfazioni» compresa la promozione sfiorata nella stagione 1968-1969. Nel torneo 1970-1971, sempre in B, ci fu invece la «breve e tutto sommato deludente» esperienze in Calabria, alla Reggina, conclusasi con un esonero in gennaio.
La Juventus lo chiama (1971/72) per prendere in mano il settore giovanile del club al posto di Vycpalek, promosso in prima squadra dopo la prematura scomparsa di Armando Picchi. Nel 1972 Bizzotto porta i giovani bianconeri lla vittoria del Campionato Primavera, conquistato superando in finale la Roma. Guida la prima squadra in un’unica occasione Juventus-Cagliari Serie A del 7 maggio 1972, sostituendo il tecnico cecoslovacco Vycpalek.
Dall’anno seguente passa in pianta stabile al ruolo di allenatore in seconda dei bianconeri, ricoprendo tale incarico prima proprio con Vycpalek, poi con Carlo Parola, quindi a lungo con Giovanni Trapattoni, fino al 1986 e infine con Rino Marchesi, fino alla fine degli anni ottanta; gli succederà nel ruolo Gaetano Scirea.
Qualcun altro, dopo aver fatto tanta anticamera, avrebbe chiesto più spazio e attenzioni, oppure avrebbe cercato un ruolo da protagonista altrove, ma Bizzotto non si è mai lasciato neppure sfiorare dal dubbio. La Juventus è stata la sua casa, la sua seconda famiglia: Momo se l’è tenuta ben stretta. Fino alla pensione, che, se ha chiuso la sua lunga vicenda di allenatore, non ha interrotto di certo il suo amore per la maglia bianconera, che lo ha accompagnato fino a ieri, con un pensiero che espresse tanti anni fa in una delle sue rare interviste: “E’ stato un vantaggio, per noi ex juventini, trovarsi a lavorare in un ambiente già conosciuto e, dunque, ci siamo ambientati con maggiore facilità. Ma è stato un vantaggio ancor più grande per la Juventus; il nostro sviscerato amore per i colori bianconeri, infatti, ci ha sempre spinto a dare alla Juventus, oltre al meglio di noi stessi, anche quel di più che forse altri, estranei, non sarebbero stati in grado di dare”.