Luoghi, leggende ed entità soprannaturali
di CARLO CANNA
CIVITAVECCHIA – Un’antica leggenda diffusa lungo le vie medievali di pellegrinaggio, in connessione con i resti di ponti di epoca romana, narra di un uomo che trovandosi il cammino ostacolato da un torrente impetuoso, invoca il Diavolo, e gli chiede di costruire in una sola notte un ponte, promettendogli in cambio l’anima del primo essere vivente che ne avesse varcato la soglia.
È ipotizzabile che dietro a questa leggenda si nascondano le antiche memorie di sacrifici rituali umani ed animali che in passato, presso diversi popoli e culture, venivano praticati anche quando bisognava erigere una nuova costruzione, come un ponte, per assicurarsi il benvolere della divinità che presiedeva quel luogo.
L’associazione tra un’entità soprannaturale e l’ambiente fisico è ricorrente: nel caso del Diavolo, la sua presenza è ben documentata laddove si percepisca l’odore dello zolfo (acque calde sulfuree, giacimenti di zolfo, ecc.), all’interno di una cavità (cunicolo, tomba o condotto idrico) immersa nella vegetazione o in qualunque luogo vi sia una totale oscurità o venga evocata la suggestione di un “paesaggio infernale”.
L’introduzione del toponimo “Ponte del Diavolo” deve essere ricondotto ai fattori appena descritti, unitamente al forte impatto che tali imponenti strutture, erette nel vuoto, dovevano avere nel viandante a cui era ignota l’identità dei suoi misteriosi costruttori.
Nel territorio di Civitavecchia e dintorni troviamo diversi esempi di “ponti del Diavolo” a partire da quello di epoca romana sito nella valle di Fiumaretta, vicino a Civitavecchia (andato in gran parte distrutto nel 1944 dalle truppe tedesche in ritirata), fino ai diversi ponti localizzati nei pressi di vari centri abitati da Montalto di Castro fino a Canale Monterano.
Tra questi, quello sul fiume Biedano, a Blera, è forse il più suggestivo poiché si tratta di un ponte romano a tre archi, completamente avvolto dalla fitta vegetazione, inserito all’interno di un contesto naturale “magico”, caratterizzato da ampie cavità che nella tradizione popolare sono ritenute la dimora di creature mostruose.
Nell’area presa in esame troviamo altri luoghi leggendari che prendono il nome da entità diaboliche come il “Sasso della Strega”, nella zona di Monte Piantangeli, a Tolfa, dove sono stati individuati degli speroni affioranti di trachite che presentano linee e lettere incise da mettere in relazione a cippi di divisione agraria di epoca romana.
La gente del luogo, tuttavia, non conoscendo più l’origine di tali indicazioni catastali, associava queste enigmatiche iscrizioni a manifestazioni di streghe. Nel mondo del soprannaturale l’alter-ego per eccellenza delle streghe, è rappresentato dalle fate, la cui presenza è spesso associata all’elemento acquatico: ne è un valido esempio il “Monte delle Fate”, posto 1300 metri a NNE del Sasso, sulle cui pendici settentrionali, ai margini di un’ampia area caratterizzata dalla presenza di sorgenti termali – le famose Aquae Caeretanae ricordate da Strabone, Livio e Valerio Massimo – si trova la leggendaria “Grotta delle Fate”, conosciuta anche come “Grotta dei serpenti”.
In passato si riteneva che all’interno di questa cavità avvenissero delle guarigioni miracolose per effetto del potere taumaturgico di “serpi benefici” o forse in realtà grazie alla fuoriuscita dei vapori caldi che ancora oggi rendono la grotta l’habitat ideale per decine di rettili tutto l’anno.
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