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Processo Vannini, gli avvocati Messina e Miroli: "I processi si fanno nelle aule"

Processo Vannini, gli avvocati Messina e Miroli: "I processi si fanno nelle aule"

I due legali contestano gli interrogativi del collega Celestino Gnazi all'indomani dell'udienza nella quale sono stati ascoltati la vicina di casa dei Ciontoli ed il datore di lavoro di Marco Vannini. "Colpisce l’assoluta banalizzazione dell’unico aspetto di valore emerso e cioè il disporre da parte della Corte una perizia collegiale" 

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LADISPOLI – “Contrariamente a quanto riferito dall’avvocato Gnazi, la vicina di casa dei signori Ciontoli, ascoltata nel corso dell’udienza di ieri, non ha fatto altro che confermare quanto rappresentato dai signori Federico Ciontoli e Viola Giorgini nell’immediatezza della vicenda e cioè che gli stessi erano usciti di casa per andare incontro all’ambulanza a seguito della telefonata fatta dall’Ares 118 al numero fisso dell’abitazione; di ciò costituisce evidenza e riscontro probatorio, quanto emerso dai tabulati richiesti dal PMm lo scorso 21 maggio 2015”. Lo chiariscono gli avvocati dei Ciontoli Pietro Messina ed Andrea Miroli, a seguito degli interrogati posti dal collega Gnazi, difensore di mamma Marina.

“Prive di pregio sono le domande deputate ad indurre chi legge a far pensare che gli stessi Federico Ciontoli e Viola Giorgini possano essere usciti per fare altro: tipo buttare qualcosa, lasciando intendere la (inesistente) “famosa maglietta blu” – hanno aggiunto i due legali – ancora una volta, infatti, qualora si fosse fatto riferimento alle evidenze processuali e non a mere suggestioni che servono solo ad alimentare “la giustizia spettacolo”, si sarebbe potuto rappresentare come Marco era nudo quando è successo il tragico evento, in quanto, come accertato e ben spiegato dai Ris (rammentasi, consulenti del Pm), se non lo fosse stato e quindi se avesse indossato quella famosa maglietta o qualsiasi altro indumento avvolgente, non si sarebbero potute rinvenire quelle tracce di polvere da sparo nei pressi della ferita al braccio, che, invece, sono state prontamente repertate dagli operanti. Di nessun rilievo, poi, è stata la testimonianza del datore di lavoro di Marco, cui, del resto, sin dall’inizio, già il Pm non aveva dato alcun pregio. Colpisce invece – hanno aggiunto gli avvocati Messina e Miroli – l’assoluta banalizzazione dell’unico aspetto di valore emerso nell’ambito dell’udienza di ieri e cioè il disporre da parte della Corte una perizia collegiale (con esperti in tutti i campi interessati agli accertamenti) che, invece, non era affatto scontata, almeno tenendo conto delle dichiarazioni rese dai colleghi all’indomani dell’udienza dello scorso 13 marzo 2017, quando sembrava che l’esame dei consulenti del Pm avesse sgombrato ogni dubbio circa l’accaduto. Ed invece, fortunatamente, – hanno concluso – i processi si fanno nelle aule e non sugli organi di informazione e la Corte, questo, lo ha ben compreso”.


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