"Mi hanno rubato la moglie"
di GIULIANA OLZAI
CERVETERI – «Mi hanno rubato mia moglie». Queste le prime parole che ha detto Gianni (nome di fantasia), un 52enne residente a Cerveteri, quando ha iniziato a raccontare la sua vicenda personale. E si perché Gianni dopo 14 anni di matrimonio, «una vita coniugale felice e tranquilla», come lui stesso afferma rimasta tale fino a che la moglie non ha iniziato a frequentare in modo sempre più assiduo un’amica (per semplicità chiamiamo Vanda) che per i suoi comportamenti, a suo dire, ha stravolto il ménage familiare. Così una sera al rientro a casa da un viaggio, Gianni prende atto che la moglie lo ha lasciato, portandosi via tutte le sue cose. La cosa sconcertante per lui è che fino a qualche ora prima si scambiavano messaggi, che nulla facevano presagire il triste epilogo e poi buio totale: la donna blocca il suo numero di telefono. Si può immaginare lo sconcerto e la disperazione di Gianni in quella lunga notte e poi quando la mattina dopo si presenta al posto di lavoro delle consorte ma non lo fanno entrare e non riesce neanche a vederla. In poche parole la moglie ha chiuso ogni contato con lui. Ma Gianni non si ferma. Dopo la grande ‘’botta’’ inizia a mettere insieme le cose e collega i comportamenti “strani” della moglie insieme a discorsi mai fatti ma di colpo diventati frequenti nell’ultimo periodo, sempre alla presenza di Vanda, inneggianti ad un ritrovato senso della sua vita e ad un riscoperto e compiuto valore della libertà tanto che, percependone una insidia, decide di presentare contro Vanda una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Civitavecchia affinché siano perseguiti a termine di legge i suoi comportamenti. Così Gianni mette nero su bianco diversi episodi con tanto di testimoni dove emerge a suo dire un atteggiamento autoritario e deciso da parte della donna e un evidente stato di soggezione della moglie nei confronti della stessa.
«Il sottoscritto – si riporta nella querela – è andato sia da una poliziotta del commissariato di Civitavecchia, laureata in psicologia, sia dall’antiplagio, e tutti e due parlano di “manipolazione della mente” e sostengono che l’unica soluzione è separare mia moglie da questa collega soprattutto nella vita privata. Gli esperti parlano anche di sindrome di Stoccolma». Riporta i consigli di un collega che gli dice: «Agisci! Per una donna buona sensibile e fragile come (la moglie) vale la pena lottare fino alla morte. Mi è bastato vederla poche volte per capire quale enorme tesoro tu abbia. Riconquistata e lei alla fine ti sarà grata per averla fatta uscire dalla gabbia! Coraggio!» «Vanda – scrive Gianni – ha approfittato dell’inesperienza di mia moglie che arrivava da un paesino del sud ed era casa e lavoro e anche dell’ingenuità». Ed ecco la descrizione che fa della consorte: «Mia moglie proviene da una situazione di vulnerabilità, dove la morte della madre cui era legatissima, è stato un duro colpo per lei». Inoltre spiega che: «Ha subito un’importante operazione …, dove è rimasta talmente scossa che si è sentita schiacciare dagli eventi» ed esterna la sua preoccupazione perché da quando si sono intensificati i rapporti con Vanda non ha fatto tutti i dovuti controlli medici. In sostanza, Gianni ritiene «responsabile Vanda per aver approfittato di questa vulnerabilità a suo vantaggio e quindi di aver creato la situazione per cui mia moglie inspiegabilmente è andata via di casa».
E continua con forza: «Con i miei occhi ho visto che Vanda approfittava di mia moglie per avere dei vantaggi che in altro modo avrebbe dovuto pagare: autista, auto gratis, ecc., e quindi avendo un vantaggio anche economico si può parlare di profitto».
«Il risultato delle azioni della Vanda – conclude Gianni nella querela – è che mia moglie andando via di casa in questo modo anomalo e avendo i comportamenti sopracitati è stata spinta a creare danni ad altri: tutti mi hanno visto dimagrire a vista d’occhio, non dormo più di 5 ore per notte quando va bene, sto soffrendo, addirittura in questo momento sono in malattia». A questo punto saranno le indagini della magistratura a sbrogliare la matassa.