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Leonardo a Civitavecchia

Leonardo a Civitavecchia

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di CARLO CANNA

CIVITAVECCHIA – Agli inizi del II secolo d.C. l’imperatore Marco Ulpio Traiano fonderà la città di  Centumcellae (l’odierna Civitavecchia) affidando al suo architetto prediletto, Apollodoro di Damasco, il progettò di realizzazione del complesso portuale che per molti secoli costituirà il baluardo avanzato delle difese di Roma imperiale e pontificia. Tra il XVI e il XVII secolo, sotto il dominio papale, saranno chiamati a prestare la loro preziosa opera nell’antico porto i migliori architetti dell’epoca come Donato Bramante, Giuliano Leno, Antonio da Sangallo il Giovane, Gian Lorenzo Bernini e persino Leonardo Da Vinci. Sappiamo che tra la fine del 1513 e l’inizio dell’anno successivo, il genio rinascimentale si dedicò allo studio del porto di Civitavecchia, su richiesta del Bramante, a cui Papa Giulio II (Pontificato 1503 – 1513) aveva commissionato il progetto di edificazione della Fortezza, detta impropriamente Forte Michelangelo, per la difesa del porto. Dopo l’improvvisa morte del Bramante, avvenuta nel 1514, Papa Leone X (Pontificato 1513 – 1521) nell’ottobre del 1515 visitò Civitavecchia consegnando il completamento dell’opera di fortificazione del porto e della città nelle mani di Giuliano Leno e Antonio da Sangallo, entrambe allievi del Bramante. Non sappiamo se in quell’occasione, al seguito della corte papale, vi fosse anche Leonardo, anche se le fonti storiche ci informano che egli è sicuramente presente nel territorio di Civitavecchia, da dove poi partì con la delegazione papale verso Bologna e Firenze. Altrettanto certo, è lo studio che il genio vinciano fece sul “porto di Roma”, riportato in due fogli contenuti nel “Codice Atlantico”, la più vasta raccolta al mondo di disegni e scritti autografi di Leonardo, conservata sin dal 1637 presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nel foglio n° 271, troviamo la raffigurazione “idealizzata” (secondo i dettami dell’epoca) del bacino portuale civitavecchiese con i due grandi moli laterali del Lazzaretto e del Bicchiere e l’Antemurale; inoltre, si riconoscono facilmente la Fortezza, in fase di costruzione, sulla sinistra, e la Darsena Romana, sulla destra, destinata ad accogliere un arsenale per le galere pontificie secondo un progetto del Sangallo che sarà realizzato molto tempo dopo, dal Bernini, accanto al Forte Michelangelo. Altre preziose informazioni ci vengono restituite dal foglio n° 63, dove l’interesse di Leonardo sembra focalizzarsi non tanto su uno studio architettonico del sistema città-porto, quanto su un’operazione di ricostruzione archeologica attraverso l’accurata descrizione di antichi ruderi di età romana presenti nel complesso portuale.

Il genio rinascimentale riconduce i resti archeologici a quelli di un grande edificio, costruito su più piani, composto da “camere imperiali” pavimentate a mosaico con “vari disegni e fogliami e gruppi di pietre di vari colori…”. Aggiungendo inoltre: “dinanzi  alle quali camere portichi con colonne grosse, alle quali si legava le navi e dinanzi a esso portico era nove gradi di scalini insino all’acqua…”.

In molti si sono chiesti se la sontuosa residenza in questione non fosse proprio quella “villa pulcherrima” appartenuta all’imperatore Traiano, dall’alto della quale “si poteva seguire in maniera perfetta lo svolgersi dei lavori portuali”, come riportato da  Plinio il Giovane in una lettera (Ep, 6, 31) indirizzata all’amico Corneliano.

L’identificazione della villa imperiale di Centumcellae rappresenta un caposaldo nella storia della ricerca archeologica locale che dal Settecento ad oggi ha condotto gli studiosi a formulare diverse ipotesi interpretative: la prima, quella che la localizzava sul colle del Belvedere, è stata sostenuta, in diversa misura, per oltre due secoli, dal Settecento fino agli inizi degli anni Novanta del Novecento; la seconda, quella che la identificava con le Terme Taurine, risale agli anni a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta del secolo scorso. Infine, negli anni Novanta, è prevalsa l’ipotesi di un’ubicazione litoranea, immediatamente a ridosso delle strutture portuali. Tuttavia, in anni più recenti, sono emersi nuovi dati basati sullo studio delle fonti epigrafiche che suggeriscono nuovamente un’ubicazione della residenza imperiale nella parte alta della città attuale, in un’area delimitata, a monte, dalle Terme Taurine e, a valle, dal Belvedere.

In conclusione, dunque, l’interpretazione di Leonardo dei ruderi romani descritti nel foglio n° 63, rappresenta non solo una straordinaria testimonianza di archeologia vinciana, ma ci riporta necessariamente al secolare dibattito sulla identificazione della villa imperiale di Centumcellae: un mistero ancora tutto da svelare (2. Fine).

Riferimenti bibliografici: Ludwig H. Heydenreich (1934), Studi archeologici di Leonardo Da Vinci a Civitavecchia; Alessandro Manuedda (2004), La villa imperiale di Centumcellae nelle testimonianze epigrafiche; Roberta Galletta (2014), La Darsena Romana. Il porticciolo di Civitavecchia


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