Il presidente Valentini: ''Avanti a piccoli passi per arrivare in alto''
Si chiude l’anno solare 2017 ed è tempo di resoconti. Abbiamo intervistato il presidente della Cv Skating Riccardo Valentini.
Lei è forse il più giovane presidente di club che fanno sport di squadra in città. Come è essere presidente a 32 anni?
«Ho sempre sostenuto che chi vuole il cambiamento deve essere pronto a mettersi in gioco in prima persona. E quindi eccomi qua: nei primi anni di vita il presidente della Cv Skating è stato il generoso Luciano Mercuri ma era giusto che noi ragazzi ci prendessimo le nostre responsabilità. La società è stata pensata come fatta dai ragazzi per i ragazzi, era giunto il momento di fare questo passo».
I vostri numeri sono in costante crescita. Qual è la sua prospettiva?
«Sì, da quando siamo riusciti a prendere in concessione il PalaMercuri i numeri sono in costante crescita. Questo vuol dire anche maggior impegno, maggiori oneri da rispettare e tante incombenze da rispettare. Ma anche tante soddisfazioni: al saggio di Natale vedere il PalaMercuri gremito in ogni ordine di posto mi ha emozionato. Mi dispice di non riuscire a dedicare alla Cv Skating tutto il tempo che vorrei, per motivi di lavoro, ma vedere le facce contente dei ragazzi e delle loro famiglie è sempre una grande emozione. Ti ripaga di tutti gli sforzi fatti. L’obiettivo è crescere come società e migliorare la struttura: con la politica dei piccoli passi andremo sempre più in alto».
Qual è la situazione delle squadre dell’hockey in line?
«Nella prima squadra paghiamo il fatto che hanno unificato il nostro cmapionato con quello della categoria più bassa. Questo ha fatto si che il livello è davvero basso per le nostre qualità e ne sta uscendo una regular season assai poco emozionante. L’obiettivo è tornare in A1 e sono convinto che ci riusciremo, anche se non so dire quando. I ragazzi se lo meritano. Una grande soddisfazione la abbiamo dalle squadre giovanili: sono piene di talenti, con delle famiglie alle spalle presenti ed entusiaste, e c’è un grande spirito di coesione di gruppo e di attaccamento alla maglia. Nei campionati dei più piccoli, under 12 e under 14, stiamo dominando ed il futuro non può che essere roseo. Anche al Trofeo delle Regioni questi ragazzi sono stati i trascinatori del Lazio, sono motivi di orgoglio».
Dall’anno scorso avete impiantato anche il pattinaggio artistico. Come va questa esperienza?
«Direi decisamente bene. Siamo partiti da zero e puntando su istruttrici di qualità. Contiamo circa 40 iscritti fra novizi e semi novizi, è uno sport che entusiasma le ragazze e su cui puntiamo con determinazione. Sono convinto che anche qui, sempre grazie alla politica dei piccoli passi, riusciremo a fare grandi cose».
E sulla struttura? A settembre scade la concessione del PalaMercuri.
«Siamo pronti a partecipare al nuovo bando. Il campo purtroppo presenta notevoli pecche: noi come club ci siamo accollati la spesa ‘‘al buio’’ di 50mila euro per mettere pavimento e balaustre nonostante sapessimo che la gestione sarebbe stata solo di 3 anni. Il nuovo bando non ci spaventa, siamo consci delle nostre qualità e del fatto che 100 ragazzi non possono andare per strada a fare sport. Ci sarebbero da fare moltissimi lavori: nuovi spogliatoi, un nuovo tetto, un impianto di deumidificazione e di riscaldamento; cifre per ora ben lontane dalle nostre tasche. Rientrati dell’investimento iniziale, sicuramente continueremo a mettere mani al nostro portafoglio per migliorare il campo sempre di più».
Spesso si fa un gran parlare della funzione sociale dello sport. Lei cosa ne pensa?
«Chi non vive lo sport nel quotidiano, non capisce di cosa si parla. Purtroppo ci sono poche società avide che rovinano la reputazione a quelle che lo fanno per passione, che sono la maggiorparte, ma solo chi ha fatto sport può capire l’enorme valore del sudore quotidiano, del lavorare insieme per raggiungere un obiettivo, del rispetto per allenatore, arbitro e avversario, della crescita insieme ai compagni. Lo sport è una grandissima scuola di vita e lo Stato in tutte le sue forme dovrebbe incentivarlo al massimo. In Italia purtroppo questa concezione dello sport è ancora molto lontana mentre all’estero non è cosi. Mi auguro che ci sia un cambio di rotta, soprattutto culturale».
Sono nove anni dalla scomparsa di Indra Mercuri. Quanto è vivo il suo ricordo?
«Tantissimo. Non nego che ogni volta che nei discorsi pubblici si nomina il suo nome, mi commuovo. Quando si prendono ragazzini da molto piccoli e li si crescono nel quotidiano si crea un legame che non si può descrivere. E quando accadono tragedie come quella che è capitata a Indra e gli altri ragazzi, il dolore non si può dimenticare. Noi puntiamo ad onorare il suo nome al meglio: lo dobbiamo a lui e alla sua splendida famiglia. Per questo facciamo il Trofeo Indra Mercuri, per questo cerchiamo di rendere il campo che porta il suo nome il più vivo possibile. Sono lutti che non si possono descrivere e che tutti coloro che lo hanno conosciuto portano nella propria anima in maniera indelebile».