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Confiscati dalla Dia beni per oltre 100milioni

Confiscati dalla Dia beni per oltre 100milioni

Confermati i sequestri della maxi operazione scattata due anni fa sul litorale nord di Roma. Decise dal tribunale misure restrittive per le cinque persone incriminate

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di DANILA TOZZI

LADISPOLI – Era esattamente il febbraio di due anni fa quando Ladispoli si svegliò con la strana sensazione che qualcosa era cambiato in città: uno scoperchiamento del vaso di Pandora che aveva portato alla luce affari loschi, attività illegali, mercati clandestini alcuni di questi però eseguiti sotto gli occhi di tutti, quali gioco d’azzardo e usura che portò al sequestro di beni a cinque personaggi di «fama criminale», per oltre 100 milioni. (agg. 27/01 ore 6) segue

LE INDAGINI.  Il provvedimento fu l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta dallo stesso Centro Operativo, diretto dal colonnello Francesco Gosciu e denominata ‘‘Alsium’’, che risaliva al giugno 2016 e portò all’arresto, a Ladispoli, di tre dei cinque, Patrizio Massaria 64, Angelo Lombardi 61 e Carlo Risso 62 anni, accusati di esercizio del gioco d’azzardo aggravato, in particolare i primi due e di usura il terzo; facevano parte del gruppo anche Giuseppe D’Alpino (72 anni) e Francesco Naseddu (50 anni). Cifre da capogiro, per un volume d’affari di proporzioni colossali che aveva interessato intere famiglie della zona, coinvolto imprenditori e commercianti e si era infiltrato in tanti anni di attività negli strati più profondi della società locale e non solo. 

Il blitz fu guidato dalla DIA capitolina ma la vasta operazione vide impegnati sul campo uomini della Polizia, con il supporto dei Carabinieri di Ostia e Olbia che aveva come obiettivo l’accertamento dei beni dichiarati, e dopo un’analisi patrimoniale portò al sequestro di beni, anche in altre regioni, come la Sardegna, dove furono sigillate due ville, a Santa Teresa di Gallura e Olbia. A distanza di due anni quindi il Tribunale di Roma ha confermato in pieno, con provvedimenti esecutivi, l’impianto accusatorio sostenuto dalla D.I.A., disponendo non solo la confisca del patrimonio delle persone coinvolte, ma anche la misura di sicurezza di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, a carico di quattro di loro. Così Massaria e D’Alpino non potranno allontanarsi da Ladispoli per tre anni, mentre Lombardi e Risso per un anno. Solo Francesco Naseddu, all’epoca dei fatti, un semplice prestanome, gestore di un bar di Massaria, è rimasto fuori dal provvedimento.(Agg. 27/01 ore 7)

GLI APPROFONDIMENTI. Gli approfondimenti investigativi avevano consentito di provare, non solo la vicinanza dei soggetti al clan Giuliano di Napoli, in particolare di Massaria e del cognato D’Alpino, indicati da alcuni collaboratori di giustizia quali referenti del clan sul territorio di Ladispoli, ma anche la sproporzione dei redditi dichiarati rispetto al loro patrimonio posseduto: ciò a conferma della loro pericolosità sociale. Si chiude così il cerchio intorno agli uomini che da quasi quarant’anni (si parla degli anni 80) avevano avviato una fiorentissima attività da cui erano stati ricavati una montagna di denaro investita in locali, negozi, appartamenti, ville e conti bancari. Il gruppo di criminali  guidava patrimoni, ottenuti senza scrupoli ai danni di imprenditori locali in crisi economica costretti poi a vendere le loro proprietà per ripagare il debito contratto, gonfiato da interessi impossibili da onorare. Un articolato e criminale sistema di usura anche nei confronti di cittadini vittime del gioco d’azzardo, incoraggiato peraltro dagli stessi usurai che lo gestivano sulla piazza di Ladispoli.(agg. 27/01 ore 7.30)

I BENI CONFISCATI. Tra i beni sequestrati il cui valore ammonta ad oltre 100 milioni di euro, si contano 60 immobili di pregio, acquisiti dagli incriminati come patrimonio da parte di persone, vittime dell’usura, 11 società fittizie, svariati conti in banca, veicoli, tra cui camion e furgoni e terreni agricoli, nella zona di Cerveteri. Originari di Napoli, lanciarono nella città balneare una capillare rete di attività illegale un po’ in tutto il territorio laziale ma è Ladispoli che Massaria scelse come base operativa, elemento dai trascorsi significativi, già al vertice del clan Guiliano, particolarmente temuto a Ladispoli per tale militanza criminale. Ora un altro durissimo colpo per il “boss”, come era definito, che in tutti questi anni aveva accumulato somme ingentissime di denaro e tanti beni, troppi, rispetto al denunciato: proprio la condizione che generò le indagini che portarono ad incriminarlo con i suoi sodali.(agg. 27/01 ore 8)

IL COMMENTO DEL SINDACO GRANDO. «Dal sequestro dei beni confiscati dall’antimafia, Ladispoli potrebbe trarne vantaggio?».  L’interrogativo è stato posto al sindaco Alessandro Grando, all’epoca dei fatti non ancora primo cittadino ma che però ricorda bene «Pur non conoscendo l’esatta entità dei beni sequestrati a livello locale- ha commentato- senza dubbio come amministrazione ci attiveremo per poter tornare in possesso di immobili che possiamo restituire alla pubblica utilità. Aggiungo un sincero ringraziamento per la brillante operazione delle forze di polizia». (Agg. 27/01 ore 8.30)


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