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Caso Vannini, i legali dei Ciontoli: «Enormi inesattezze nel servizio delle Iene»

Caso Vannini, i legali dei Ciontoli: «Enormi inesattezze nel servizio delle Iene»

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LADISPOLI – I legali della famiglia Ciontoli puntano i riflettori sul servizio de Le Iene andato in onda ieri sera su Italia 1, parlando di «enormi inesattezze».

Il servizio, come riportato dai legali, gli avvocati Andrea Miroli e Pietro Messina è stato «infarcito di elementi storici completamente distorti e lontani dalle certezze (queste si) processuali fornite nel corso di una istruttoria durata circa due anni presso la Corte d’Assise di Roma, all’esito della quale molte delle affermazioni riportate pubblicamente nella citata puntata sono da ritenersi prive di qualsivoglia fondamento». Fari puntati sulla messa in onda delle registrazioni audio degli interrogatori del 2015, superate da quanto emerso nel dibattimento. Motivo per il quale «è di tutta evidenza come l’aver propinato al pubblico i citati superati atti ha costituito l’ennesima distorsione della verità processuale, frutto di una visione a senso unico della vicenda». (agg. 14/05 ore 19.02) segue

«CIONTOLI HA USATO L’ARMA L’ULTIMA VOLTA NEL LONTANO 2007». Nel “mirino” dei due legali la ricostruzione dello sparo fornita dallo specialista in balistica forense Farneti che durante il servizio ha sottolineato l’impossibilità per Ciontoli di non sapere che l’arma fosse scarica. «Perché non viene appalesata – si chiedono i due legali – che il signor Ciontoli non avesse alcuna consuetudine con le armi da fuoco» dato che svolgeva «mansioni d’ufficio»?. Non solo: i legali tornano a ribadire come Ciontoli abbia utilizzato l’arma, per l’ultima volta «nel lontano 2007 e che da quella data, essa non ha più sparato alcun colpo». Da qui l’esigenza, in vista dell’esercitazione prevista per la settimana successiva, di pulirla. (agg. 14/05 ore 19.30)

Per quanto riguarda invece l’impossibilità, secondo lo specialista in balistica forense, che gli altri membri della famiglia non abbiano sentito lo sparo, i due avvocati tengono a precisare come anche i vicini di casa «descrivevano nel medesimo modo degli imputati, la percezione del colpo d’arma da fuoco esploso, ossia come di un forte rumore e non di un colpo di pistola».

«AL MOMENTO DELLO SPARO MARCO NON INDOSSAVA LA MAGLIETTA». Sulla possibilità che la maglietta di Marco sia stata fatta sparire perché probabilmente contiene elementi dello sparo (le particelle e il foro che potrebbero, secondo Farneti, essere utili per capire da che distanza è partito il colpo), i due legali tornano a ribadire come il ragazzo non indossasse la maglietta. «I dati scientifici del processo hanno dimostrato inequivocabilmente come la giovane vittima non indossava alcun indumento al momento dell’esplosione del colpo, posto che il ritrovamento di tracce di polvere da sparo sulla sua pelle, frutto dell’esplosione del colpo da distanza ravvicinata, cosa che non sarebbe stato possibile rinvenire se Marco l’avesse indossata al momento dello sparo».

Falso, anche, continuare ad affermare, per i due avvocati dei Ciontoli, che Martina fosse presente, avvalendosi delle intercettazioni ambientali: «L’intercettazione ambientale che si persevera in maniera imperterrita a riproporre, al fine di dimostrare l’asserita presenza di Martina Ciontoli nel bagno al momento dello sparo, qualora visionata nella sua interessa darebbe certamente evidenza che così non è, posto che l’imputata in altra parte dell’ambientale ha affermato di non essere stata ivi presente al momento dell’occorso. Circostanza – concludono Miroli e Messina – acclarata, anche se dal punto di vista dell’ogiva, dalla testimonianza di vari medici e sanitari, i quali hanno tutti riferito che essa è emersa solo successivamente alla morte di Marco e che quindi non poteva essere vista in bagno da Martina». (agg. 14/05 ore 20)

 


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