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Pd, fuori Marini dentro Falconi tutto come prima

Pd, fuori Marini dentro Falconi tutto come prima

Il segretario regionale Astorre annuncia il congresso del circolo per la prima settimana di maggio. Vittoria Marini: «Non abbandoremo il Partito perchè questa è casa nostra»  

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di TONI MORETTI

CERVETERI – Gli interrogativi che si sono aperti con le dimissioni di Juri Marini dal consiglio comunale e dal Partito Democratico sono tanti e di non scarso significato. Non fosse altro che bisognerà valutare quanto sarà prevalente la volontà di Nicola Zingaretti e dei suoi uomini di ricostruire dalle macerie un partito che riconquisti appeal in una città dove ha scritto il più efficace manuale di masochismo politico e dove le cause delle divisioni che hanno portato al disastro non si sono ancora dissolte o hanno trovato soluzioni preventive ragionate e concordate. Non sarà certo l’uscita dal partito della famiglia Marini, che per anni ha tenuto banco nel partito a Cerveteri, quando era PCI, quando era PDS e poi DS ed infine PD, uscendo alla scoperto presentando quell’anima “Liberal” che contraddistingueva i componenti di quel clan, da Sergio, capo ideale che tirava i fili del gruppo e che manteneva le relazioni con gli esponenti importanti del partito al figlio Juri, il personaggio più schietto, meno incline agli inciuci e ai compromessi, che ha giocato la carta di Renzi, “rottariformatore” del partito che non rinuncia al suo sogno liberale ora che quella esperienza si è dissolta, pensando in grande, pensando europeo con la tenace Emma Bonino, con Della Vedova e Tabacci. Il partito è rimasto come sta, come stava, con molto, molto consenso in meno. Maurizio Falconi, entrerà in consiglio comunale ma si collocherà all’opposizione, come era Marini. Sarà un congresso annunciato dal commissario Baccani e confermato dal segretario Regionale Bruno Astorre a ridare linea e coerenza politica ad un PD così ridotto? Al circolo di viale Manzoni prevale ed è persistente ancora il (noi) e (loro) come si evince chiaramente das ciò che dice Vittoria Marini, nessun rapporto di parentela con i Marini fuoriusciti, una donna che conta una militanza disinteressata ultra ventennale, una “pasionaria” che non ha mai anteposto interessi diversi da quelli del partito in nessuna occasione. «Noi – dice, riferendosi al suo gruppo di fedelissimi – concorreremo al congresso senza tenerci a vincerlo. Vogliamo che lo vincano loro – riferendosi al gruppo di “aggressori” identificato in Ferri, Badini, Rinaldi (Bruno) – perchè vogliamo vederli all’opera nella gestione. Nel saldare i debiti, nel pagare gli affitti, come abbiamo fatto noi fino ad adesso nonostante loro non ci hanno tenuto da conto. Noi non usciremo da qui, non abbandoneremo il Partito, perchè questa è casa nostra e se esiste ancora è merito nostro».

Sarà Pascucci, Zito o Zingaretti stesso ad estrarre dal cilindro un superSegretario capace di operare il miracolo di incontro e rasserenamento degli animi? Capaci di portarli su una linea politica condivisa solida e ricca dei contenuti capaci di interessare di nuovo la gente per diventarne insostituibile punto di riferimento? L’errore da non ripetere è quello di ricorrere a figure di transizione. I frutti si sono già visti e raccolti.

 


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