Pubblicato il

Commento al Vangelo della Domenica. Gesù, l’adultera e la misericordia

Commento al Vangelo della Domenica. Gesù, l’adultera e la misericordia

di DON IVAN LETO

Nel nostro racconto i farisei e gli scribi si avvicinano a Gesù per metterlo finalmente alla prova su un caso “concreto”. Nel quarto vangelo ormai si è prossimi alla fine del ministero di Gesù, e i gruppi e i movimenti del giudaismo di allora devono essere venuti a conoscenza del suo insegnamento sul regno di Dio incentrato sull’apertura ai peccatori. Gesù ha già mangiato con loro, ha già detto al paralitico «Non peccare più» (Gv 5,14), ed ecco che ora viene interpellato su un caso di flagrante peccato, e tanto più grave perché riguarda un peccato sociale, l’adulterio. Per Gesù il divorzio è un atto contro l’amore. Se però colleghiamo le parole di Gesù del Discorso della montagna alla scena di Gv 7,53–8,11 le cose si semplificano. In breve, è possibile che quella donna presentata a Gesù fosse una divorziata risposata, la quale, se per i farisei non poteva essere riprovata (in quanto ripudiata dal marito con un libello ufficiale), per Gesù invece sarebbe stata una vera adultera (cf. Mt 5,32: «la espone all’adulterio» = cioè, la rende adultera). I farisei e gli scribi del primo vangelo, insomma, sarebbero gli stessi che avrebbero appreso di questa nuova ermeneutica sulla legge del divorzio, e che si rivolgono a Gesù per «metterlo alla prova» (cf. Gv 8,6 e Mt 19,3): gli presentano una donna in “flagrante” (sempre secondo Gesù) adulterio per vedere se, conseguentemente al suo insegnamento, questa a suo giudizio avrebbe meritato la lapidazione. La peccatrice e il peccato. Se estendiamo il ragionamento, e usciamo dalla questione vista sopra, alquanto complessa, vediamo anche che a Gesù non interessa solo la Legge, che comunque rispetta e che mostra di saper interpretare meglio e anche in modo più radicale di quanto non facciano i farisei. A lui preme soprattutto il destino della peccatrice; non guarda solo al peccato, ma a chi l’ha commesso. Il peccato per Gesù non ha l’ultima parola. Gesù non condanna nessuno, perché Dio Padre l’ha mandato non per giudicare e castigare, ma per dire che Dio è più grande di ogni nostro peccato. Con tale atteggiamento nei confronti dei peccatori, egli opera una liberazione che non ha niente a che fare con il permissivismo: infatti sa bene che il peccato conduce alla morte, come l’adulterio allora portava alla lapidazione. Ma indica un’altra strada, dona una nuova vita: “neanch’io ti condanno”.

Don Ivan Leto
 
* Parroco di San Gordiano Martire in Civitavecchia 
Diocesi Civitavecchia-Tarquinia

 

ULTIME NEWS