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Pasto da casa, si riaccende la guerra

Pasto da casa, si riaccende la guerra

L'assessore Cordeschi torna a bacchettare il dirigente della Corrado Melone Riccardo Agresti. Il preside: «La socializzazione non può attuarsi guardandosi attraverso un divisorio»


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LADISPOLI – Dopo il periodo estivo di tregua, la battaglia tra il dirigente scolastico della Corrado Melone, Riccardo Agresti, e l’assessore alla Pubblica istruzione Lucia Cordeschi, riprende forza. Al centro della diatriba iniziata già lo scorso anno, c’è ancora lui: il pasto da casa. La Corte di Cassazione sembrava aver dato finalmente ragione all’amministrazione comunale che aveva bandito i piatti preparati in casa dai genitori a favore del servizio di refezione scolastica offerto dal comune tramite la Cir. Ma ora con una nuova sentenza del Tar che ha invece condannato chi ha vietato il pasto da casa, condannando il Miur a pagare tutte le conseguenti, la battaglia riprende vita. A tornare sull’argomento, durante la trasmissione Cambia il Mondo condotta da Fabio Bellucci è stato proprio l’assessore Cordeschi che è tornata a puntare il dito contro il dirigente scolastico Agresti. Cordeschi parla di un incontro, svoltosi nelle scorse settimane, tra il suo assessorato, i dirigenti Cir e il dirigente scolastico per prendere provvedimenti sulla situazione. In sostanza l’Assessore è tornato a ribadire come i bambini che l’area dove i bambini consumano il pasto da casa deve essere igienizzata dal personale scolastico e non dal personale Cir. «Abbiamo già mandato una lettera al dirigente scolastico, con la quale è stato invitato, e per ora solo invitato ma lo obbligheremo, a posizionare i tavoli del pasto da casa in uno spazio identificato, non al centro della stanza come fa ora, con la Cir obbligata a pulire, ma in un angolo della stanza con una divisione fittizia». L’Assessore ha poi puntato i riflettori sui genitori dei bambini della Corrado Melone che permetterebbero al preside tale atteggiamento. «Il pasto da casa è altamente pericoloso. Non dà garanzia a chi è allergico o potrebbe esserlo, quindi mi chiedo come i genitori della Melone non obblighino il preside a ottemperare a queste prescrizioni». Dura la replica del dirigente scolastico nei confronti del “nemico”. «Solo chi è “razzista” nel profondo del proprio animo vuole che si mantengano separati i bambini che portano il pasto da casa da coloro che mangiano quello della ditta appaltata dal Comune. Ho scritto “razzista” fra virgolette, intendendo che – ha precisato Agresti – solo chi sia così miserabile, come lo sono i razzisti, può pensare di imporre una divisione nelle classi! La classe è unica, i bambini non possono essere separati, la socializzazione non può attuarsi guardandosi attraverso un divisorio e a Scuola non deve mai essere attuata alcuna attività che possa creare discriminazioni di alcun tipo! Mi dispiace far notare ancora una volta come la ormai mitica assessora abbia citato a sproposito la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte di Cassazione (le quali non hanno affatto vietato il pasto casalingo, come con ignoranza o malafede è stato affermato) “dimenticando” (immagino solo casualmente o per ignoranza, perché non credo nella malafede dell’assessora) le sentenze Tar che hanno invece condannato chi ha vietato il pasto casalingo a Scuola facendo soccombere il MIUR (quindi tutti noi che paghiamo le tasse) che ora deve pagare tutte le spese conseguenti. In una trasmissione radiofonica – ha ancora aggiunto Agresti – l’Assessora ha avuto la spudoratezza di definirmi “un problema” solo perché applico le sentenze della Repubblica Italiana nella sola scuola di Ladispoli dove vengono rispettati i diritti delle famiglie che magari non vogliono mangiare la pasta blu. L’assessora probabilmente ignora queste sentenze (altrimenti sarebbe in malafede, cosa che non voglio credere) perché altrimenti contraddirebbe anche le affermazioni del nostro sindaco Alessandro Grando che ha affermato pubblicamente che le sentenze si rispettano, anche se non piacciono. Come Scuola non possiamo ricevere diktat da parte di incompetenti (in quanto ignoranti) che ricoprono immeritatamente incarichi pubblici, i quali vogliano imporre il proprio pensiero malato nella Scuola Pubblica. Chi lo desidera, metta il filo spinato entro le aule della propria scuola privata e lasci le famiglie libere di esercitare il proprio diritto riconosciuto a Ladispoli, a quanto mi risulta, solo dalla “Melone”».


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