Omicidio Vannini, Anm: ''Pm vittima di linciaggio mediatico''
L'associazione nazionale dei magistrati: "Appare assolutamente pretestuoso indicare la collega come responsabile degli esiti dei gradi successivi del giudizio"
CERVETERI – «Nei giorni scorsi la nostra collega Alessandra D’Amore è stata fatta oggetto di una campagna mediatica che ha assunto i contorni di un vero e proprio linciaggio. Nel corso della trasmissione televisiva »Le Iene«, nella serata del 13 febbraio, è stata data pubblica lettura di atti riservati del procedimento disciplinare che la riguarda, atti dei quali i conduttori del programma sono entrati in possesso con modalità ancora da chiarire». Lo afferma in una nota la giunta distrettuale di Roma e del Lazio della Anm in merito alla vicenda che riguarda il pm titolare dell’indagine sul caso dell’omicidio di Marco
Vannini. «La collega è stata indicata – prosegue la nota – come responsabile dei provvisori esiti, sgraditi, della relativa vicenda giudiziaria, imputati a sue non meglio precisate asserite negligenze. A ciò è seguita una forte ed indebita esposizione mediatica della nostra collega, che ha subito insistenti appostamenti e pedinamenti dalla troupe televisiva della trasmissione». L’associazione magistrati sottolinea che «è diritto incomprimibile di ciascuno criticare liberamente i provvedimenti giudiziari relativi a ciascuna fase del processo. Perché questo diritto sia esercitato in modo pieno e consapevole , è dovere dei mezzi di informazione fornire una rappresentazione fedele e corretta dei fatti. Fermo restando che i fatti verranno accertati nelle sedi proprie – continua l’Anm – a fronte di una iniziativa disciplinare ancora nella fase iniziale, e all’indomani, peraltro, della decisione della Cassazione che ha rinviato per nuova valutazione al giudice di appello, appare assolutamente pretestuoso indicare la collega come responsabile degli esiti dei gradi successivi del giudizio, e inaccettabile attivare una persecuzione mediatica di tale portata nei suoi confronti, tramutando la critica in aggressione. È contrario alle più elementari regole del vivere civile attivare un circuito di dileggio mediatico e di persecuzione del singolo magistrato per l’attività da lui svolta, tantopiù sulla base di una sua narrazione artefatta del suo operato».