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Controcultura, “Les maudits”: i poeti maledetti

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ETTORE SALADINI

Les poétes maudits è un’espressione coniata da Paul Verlaine, che la utilizza come titolo di un suo lavoro critico pubblicato nel 1884 in cui definisce poeti maledetti alcuni artisti come Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé e Tristan Corbiére. Nella seconda edizione dell’opera, datata 1888, Verlaine aggiungerà altri letterati e, in particolare, Villiers de L’isle-Adam, Marceline Desbordes-Valmore (unica donna del gruppo) e Pauvre Lelian (pseudonimo dello stesso autore). Ma chi sono i maudits? Giovani poeti che vivono a Parigi e che prendono l’avvio da dove “il povero e sacro Baudelaire aveva finito”. Artisti che vivono esistenze al limite, che trascorrono le loro nottate nei locali di Montmartre bevendo calici d’assenzio e fumando oppio, che ogni mattina si svegliano in un letto diverso accanto a una delle prostitute che affollano Pigalle, dalle parti del Moulin Rouge. I poeti maledetti sono eccessivi, cercano il contatto con l’assoluto, non si riconoscono con la società in cui vivono. Ma les poétes maudits sono soprattutto artisti straordinari, innovativi, capaci di determinare un punto di rottura con l’estetica dominante. Poeti veggenti e non più vati, fautori di un modo di far poesia che è un viaggio nell’ignoto che nasconde la loro anima. Arthur Rimbaud, morto a soli trentasette anni di età, rappresenta l’incarnazione del maudit. I suoi versi hanno una potente forza evocativa, sono sensuali e selvaggi, simbolici, a tratti carichi di misticismo. Nella famosa lettera del veggente indirizzata all’amico Paul Demeny egli stesso si definisce un ladro di fuoco e afferma che il poeta deve essere capace di sperimentare tutte le forme d’amore, di sofferenza e di follia per ricercare se stesso. La sua esistenza rispecchia la sua poetica, vissuta sempre in corsa, in un vagabondaggio irrequieto che lo porterà perfino a fare il mercante d’armi in Africa, spesa in amori totalizzanti come quello per Paul Verlaine, che si concluderà con il famoso episodio del ferimento di Rimbaud, colpito a un braccio da un colpo di pistola esploso dal compagno al culmine di un furioso litigio in una camera dell’hotel À la ville de Courtrai di Bruxelles.


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