Giro di fatture false: anche Civitavecchia finisce nell’inchiesta della Guardia di finanza
CIVITAVECCHIA – Ventidue indagati e sequestri preventivi di beni per 6,3 milioni di euro. Un duro colpo alla frode fiscale quello messo a segno dalla Guardia di finanza di Cecina, che ha acceso i riflettori su un numero rilevante di fatture emesse per operazioni inesistenti per oltre 93 milioni di euro, con un’evasione di Iva pari a 16 milioni. Cifre da capogiro, finite al centro di un’inchiesta che ha praticamente coinvolto mezza Italia. Nelle informative di reato si parla di dichiarazione fraudolenta e di riciclaggio, con 22 persone iscritte nel registro degli indagati. Tutto è partito da un controllo che le fiamme gialle hanno operato in un modesto negozio di articoli ortopedici della provincia di Livorno. Poi, come spesso succede in questi casi, l’attività investigativa si è allargata, varcando i confini della Toscana, fino ad arrivare nel casertano, nel Lazio e in Puglia. Un sistema collaudato di compensazioni di debiti tributari accollati da dieci soggetti tra Roma, Piedimonte Matese (Caserta) e Civitavecchia, con al centro, in qualità di accollante, una Srl. L’indagine partita in Toscana si è incrociata con un’ispezione dalla Guardia di finanza di Civitavecchia: i militari della compagnia, infatti, hanno fatto luce sulle operazioni messe in piedi da una società di impianti elettrici, inattiva ormai da anni, amministrata da due civitavecchiesi, già implicati in passato in vicende di reati di natura fiscale. Un meccanismo particolarmente insidioso, in quanto permette alle imprese che hanno debiti con il fisco di compensare fraudolentemente i debiti col fisco attraversi il ricorso a fatture per operazioni inesistenti e ricorrendo a crediti Iva altrettanto fittizi maturati da società compiacenti. In buona sostanza, la società A, che ha un debito rilevante con il fisco, lo cede alla società B in cambio di una remunerazione. Ma la società B a quel punto compensa il debito attraverso un credito vantato nei confronti dell’erario. E il gioco è fatto: alla fine nessuno paga e le società rimangono pulite. Il reato tributario rubricato è quello di indebita compensazione. Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, alcuni “mediatori” con un ruolo ben definito: procacciare le società necessitanti di un’operazione di compensazione.