APPELLO BIS Stamane nuova udienza prima della sentenza prevista per il 30 settembre Omicidio Vannini, la difesa: Antonio Ciontoli non voleva uccidere Marco
LADISPOLI – Antonio Ciontoli non voleva che Marco Vannini, fidanzato della figlia, morisse e «se si fosse confrontato con l’evento morte non avrebbe agito così come poi ha fatto. Trovarsi in una situazione di rischio e cercare di gestirla non significa accettare l’evento morte».
È quanto affermato dall’avvocato Andrea Miroli, nel corso della suo intervento al processo d’appello bis per la morte del giovane avvenuta a Ladispoli nel maggio del 2015.
Il difensore ha chiesto quindi alla Corte di ripristinare la prima condanna a 5 anni per omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente.
Per l’intera famiglia Ciontoli il procuratore generale ha chiesto nell’udienza precedente una condanna a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale.
«Una sentenza, quella del primo giudizio di appello, che ha provocato una sollevazione popolare, una cosa indegna in uno Stato di diritto – ha aggiunto il difensore di Antonio Ciontoli -. Eppure il mio assistito non può essere condannato per omicidio volontario con il dolo eventuale. Lui e neppure i suoi famigliari. Adottare un comportamento sia pure biasimevole in una situazione di rischio, evidentemente mal governata, non significa che l’imputato ha voluto la morte di Marco. Ciontoli,così come i suoi famigliari, era convinto che la lesione al braccio di Vannini provocata dal colpo d’arma da fuoco non fosse letale. Non c’è evidenza in questo processo che i Ciontoli fossero consapevoli della gravità della lesione riportata da Marco. E se non c’è consapevolezza, significa che nessuno ha aderito all’evento morte».
Per l’avvocato Miroli, i familiari di Ciontoli, Martina e Federico, e la moglie Maria Pezzillo, devono essere assolti dal reato più grave. E se la Corte d’assise d’appello li ritenesse comunque colpevoli, madre e figli dovrebbero poter rispondere, in subordine, del reato di omissione di soccorso oppure di omicidio colposo o, in ultimo,di favoreggiamento.
«Resta comunque che una condanna di Antonio Ciontoli e della famiglia per omicidio volontario con dolo eventuale sarebbe ingiusta. Perchè – ha ripetuto ancora una volta il penalista – nessuno ha aderito all’evento morte e perchè tutti hanno sottovalutato la portata della ferita, la cui unicità sta nel fatto che non ha comportato alcuna fuoriuscita di sangue. Se ci fosse stato del sangue, nessuno dei Ciontoli si sarebbe comportato come poi è successo. E invece il sangue non c’è stato, Marco Vannini ha avuto un’emorragia, purtroppo solo interna».
Per l’avvocato Miroli, insomma, «anche i familiari di Ciontoli non potevano sapere quanto fosse grave quello che era accaduto. Hanno creduto tutti ad Antonio. Per come è strutturata quella famiglia, nessuno se l’è sentita di mettere in discussione l’autorità del padre, per una serie di ragioni anche culturali».