COMMENTO AL VANGELO Egli doveva risuscitare dai morti!
Don Ivan Leto*
Nel racconto del sepolcro vuoto (Gv 20, 1-9) l’evangelista Giovanni non descrive la risurrezione di Gesù, poiché questo è un avvenimento che trascende l’esperienza umana e storica, ma i segni che danno testimonianza di essa. La pietra spostata, la tomba vuota, le bende abbandonate, il sudario sono segni per chi è aperto alla fede ed è capace di scoprire in essi il messaggio che la loro materialità nasconde. Bisogna andare oltre quello che si constata con gli occhi. Saper “vedere” quello che i segni lasciano solo intuire è un passo che conduce alla fede. Nel quarto Vangelo “vedere” e “credere” sono due verbi strettamente collegati perché il primo conduce al secondo: Giovanni che era arrivato al sepolcro prima di Pietro, “vide e credette” (v.8). I segni che vide erano prove sufficienti della Risurrezione di Gesù. Non gli occorreva di più. In questo modo, il discepolo amato si converte in paradigma del credente capace di “comprendere la Scrittura” (v.9), cioè capace di vedere il fine e l’unità del piano salvifico di Dio. Cristo Risorto è la vittoria della luce sulle tenebre, la vittoria della vita sulla morte. Dalla morte e Risurrezione di Gesù, il primo giorno della settimana, nasce la comunità dei discepoli del Risorto rappresentati nel testo da Maria Maddalena, Simon Pietro e Giovanni. Nei versetti che seguono Giovanni narra un incontro privilegiato di Gesù con Maria Maddalena, che ha l’obiettivo di completare il nostro racconto: l’esperienza della fede si converte in imperativo di comunicazione. Chi ha visto Gesù sente il dovere di annunciarlo agli altri. La fede è un dono da condividere, o si tramette o si perde.
*Don Ivan Leto
Parroco di San Gordiano
Diocesi Civitavecchia – Tarquinia