Dal Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia arrivano nuove conferme sulla identificazione della statua di Apollo rinvenuta nel 1957 a Santa Marinella con il Colosso di Rodi, meraviglia dell'antichità Il Colosso rivelato
di CARLO CANNA
Una statua gigantesca, alta 32 metri, realizzata nel 280 a.C. con una tecnica sofisticata di ingegneria meccanica progettata da Carete di Lindo che univa una complessa struttura interna ad un rivestimento esterno di bronzo.
Questo doveva essere il Colosso di Rodi, personificazione del dio Helios, una delle sette meraviglie del mondo antico fino a quando, nel 226 a.C., non venne distrutto da un terribile terremoto che devastò l’isola. Oggi, il mito del Colosso “rivive” nell’Apollo-Helios esposto al MANC (Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia), diretto da Lara Anniboletti, grazie a nuovi studi che confermano l’identificazione della statua come la copia in scala ridotta del celeberrimo gigante di bronzo.
Il ritrovamento Era il lontano 1957 quando a Santa Marinella, presso villa Simonetti, all’interno dell’area dove sorgeva l’antica villa marittima (risalente al III sec. d.C.) del giurista Ulpiano, venne rinvenuto un meraviglioso Apollo marmoreo accanto ad alcuni frammenti della statua (la mano destra, una fiaccola e parte della gamba sinistra) custoditi per oltre mezzo secolo nei depositi del Museo di Civitavecchia. La statua, alta circa due metri, è una copia romana (databile al I-II secolo d.C.) in marmo pario di un originale greco che si caratterizza per la nudità, i tratti giovanili della testa, il movimento del busto con la gamba sinistra protesa in avanti e il piede destro arretrato e sollevato sulla punta, il braccio destro alzato per sorreggere la fiaccola ardente, la faretra appoggiata sulla schiena e la mano sinistra abbassata nell’atto di reggere l’arco.
L’identificazione Fu grazie ad un’intuizione del prof. Paolo Moreno (Università “La Sapienza” di Roma) che per la prima volta si riuscì a cogliere nella statua dell’Apollo-Helios fortissime similitudini con il Colosso di Rodi comparando le fonti letterarie antiche (che, ad esempio, ricordano il Colosso con in mano una fiaccola rivestita d’oro) con le collezioni archeologiche. Su queste ultime, in particolare, lo sguardo attento dello studioso si concentrò su una testa in terracotta conservata nel Museo di Rodi, identificata senza alcun dubbio con quella del dio Helios (e quindi del Colosso di Rodi), per le forti analogie con la testa dell’Apollo (il capo volto verso l’alto, la bocca semiaperta, le palpebre abbassate nello sforzo di guardare in alto, i dettagli della folta capigliatura).
Dalla riscoperta…Recentemente, in occasione della revisione degli allestimenti e dei depositi museali che hanno preceduto l’attesa riapertura al pubblico del MANC, con grande stupore del personale del Museo coordinato da Lara Anniboletti e dall’archeologo Alessandro Mandolesi, all’interno di una cassetta, tra i vari reperti, sono stati rinvenuti tre frammenti che per stile, materiale e dimensioni, unitamente allo studio delle fonti letterarie e iconografiche e alle ricerche condotte da Moreno, sono stati identificati come le parti mancanti dell’Apollo-Helios, quei frammenti che a lungo erano stati dimenticati nei depositi. La statua, in conclusione, ci restituisce l’immagine più completa e affidabile esistente al mondo di quello che doveva essere l’aspetto di un capolavoro assoluto nella storia dell’arte. Ma non basta: l’Apollo, infatti, rievoca fortemente anche l’immagine iconica della “Statua della Libertà” che, non a caso, a detta dello stesso scultore che la progettò, fu ispirata proprio dal Colosso di Rodi.
… alla valorizzazione Massimo Osanna, direttore generale dei Musei Italiani, ha recentemente dichiarato in merito alla ricostruzione dell‘Apollo: “Il caso del Museo di Civitavecchia, su cui il Ministero sta investendo per una riqualificazione in termini di fruizione, dovrebbe costituire un modello virtuoso per i musei archeologici meno noti che punteggiano il nostro territorio. Carichi di testimonianze significative per il contesto storico e culturale su cui insistono, sono anche in grado di riservare vere e proprie scoperte, come nel caso della stupefacente vicenda dell‘Apollo, i cui significativi frammenti erano stati a torto dimenticati nella polvere dei depositi. I depositi dei musei vanno resi fruibili, considerati come archivi e biblioteche di oggetti, che possono anche favorire la ricontestualizzazione delle opere d’arte, là dove è possibile e sussistono le condizioni di tutela e sicurezza”. Nel nuovo allestimento del Museo di Civitavecchia i visitatori possono ammirare il “Colosso” accanto ai frammenti recuperati della statua; un pannello esplicativo mostra la ricostruzione integrale realizzata graficamente da Massimo Legni (Architutto Designers)