Dopo un anno dall’arresto in porto arriva la sentenza del Tribunale di Palmi Traffico internazionale di droga: assoluzione per i due civitavecchiesi D’Angelo e Scognamiglio
CIVITAVECCHIA – Si sono da subito professati innocenti, confermando di fronte ad ogni giudice la propria estraneità ai fatti contestati. Fatti tra l’altro gravi perchè i giovani civitavecchiesi Simone D’Angelo e Manuele Scognamiglio erano accusati di traffico internazionale di stupefacenti. Rischiavano infatti fino a 20 anni di carcere. E oggi il tribunale di Palmi, dove era radicato il procedimento, e dove si è svolto il processo con rito abbreviato, ha accolto appieno le richieste degli avvocati difensori dei due, Matteo Mormino e Daniele Barbieri per D’Angelo e Francesca e Pier Salvatore Maruccio per Scognamiglio. Quattro anni la richiesta del pubblico ministero per entrambi. La sentenza di assoluzione, con formula piena, per non aver commesso il fatto, è arrivata nel primo pomeriggio, accolta con estrema soddisfazione. «Un processo delicato – hanno commentato – finalmente è stata fatta giustizia».
LA VICENDA
I due ragazzi vennero arrestati lo scorso anno al porto di Civitavecchia. Lavorano per una società che opera in porto e devono controllare il corretto funzionamento dei container frigo che trasportano materiali deperibili. All’interno, la sera del 10 giugno 2020, era nascosto parte dell’ingente quantitativo di cocaina, ben 54 kg, già fermato a Gioia Tauro, proveniente dalla Colombia. Secondo gli investigatori, Dda di Gioia e Guardia di finanza, il carico era destinato a Civitavecchia. Per questo era stata lasciata parte della droga all’interno del container. I due sono entrati per controllare, si sono allontanati per rientrare negli uffici ed è scattato il blitz. Contestato il traffico dei 54 kg di droga. Arresto, carcere e domiciliari poi fino a ieri, fino alla sentenza di assoluzione.
I COMMENTI
«Siamo più che soddisfatti – hanno spiegato gli avvocati Mormino e Barbieri – finalmente si esce da questa storia, lunga un anno. Abbiamo lavorato molto, abbiamo cercato di portare le nostre ragioni e di smontare punto per punto le tesi dell’accusa. Finalmente è stata fatta giustizia». «Il nostro compito – ha aggiunto Pier Salvatore Maruccio – è stato quello di accompagnare il giudice nella valutazione corretta delle situazioni che potevano essere lette solo in una certa maniera; ci abbiamo fortemente sperato e ci abbiamo lavorato alacremente». Lo ha confermato anche Francesca Maruccio, facendo riferimento soprattutto alle indagini capillari e ben strutturate, da far “pesare” così come quelle della Procura. «Un processo essenzialmente documentale – ha spiegato – abbiamo cercato di cristallizzare le prove nell’immediatezza dei fatti, abbiamo scelto la strada dell’abbreviato, non semplice, riuscendo a dimostrare alla fine l’innocenza dei nostri assistiti. Ci abbiamo creduto fin da subito, ma nonostante questo non abbiamo mai avanzato istanza di revoca, guardando sempre oltre, cercando di tutelarli in ogni modo».
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