il caso Dopo i numerosi sequestri di ricci il professor Marco Marcelli traccia il quadro della situazione attuale «Un danno ambientale gravissimo»
daria geggi
Quattromila. Duemila. Diecimila. Dodicimila. Undicimila. Sono i numeri dei recenti sequestri di ricci di mare ad opera della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto che con la loro azione di controllo, prevenzione e repressione, stanno evitando un vero e proprio danno ambientale.
Questi sequestri rappresentano una parte di quello che avviene lungo la costa, possibile che altre razzie passino inosservate andando a danneggiare l’ecosistema. Perché la tutela del riccio di mare è un elemento fondamentale per l’ambiente marino. Tanti cittadini, negli ultimi periodi, hanno alzato la voce preoccupati per quanto sta avvenendo sul litorale ad opera di pescatori di frodo, spesso provenienti dal sud Italia. «Il mare è in pericolo» hanno tuonato. Ma quale è la reale situazione?
A confermare la preoccupazione è il professor Marco Marcelli, docente del Deb – Dipartimento di Scienze Ecologiche e biologiche dell’Università della Tuscia. Dal Laboratorio di Oceanologia Sperimentale ed ecologia marina al porto, insieme ai suoi studenti, porta avanti studi ed analisi e si confronta con chi quotidianamente lotta contro queste razzie.
«I ricci stanno sparendo – ha spiegato – in alcune zone la situazione tiene, perché parliamo di aree difficilmente raggiungibili dai pescatori di frodo e grazie proprio all’opera di Guardia di finanza o Capitaneria di porto, la cui azione è fondamentale per tutelare il nostro ambiente». Rigettare infatti in mare i ricci, ancora vivi e vitali, subito dopo il sequestro, restituendoli al loro delicato ecosistema, contribuisce al ripopolamento necessario in zone come quella di Civitavecchia e Santa Marinella, al centro da anni di pesca illegale degli echinodermi.
«Estirpare questi esemplari – ha infatti ribadito il professor Marcelli – rappresenta un danno ambientale gravissimo». La loro presenza, come sottolineato dal docente, è fondamentale per la conservazione degli equilibri biologici, avendo un impatto notevole anche, ad esempio, sulla popolazione delle alghe.
«Il problema della sovrapesca di riccio – ha aggiunto il docente – è che facciamo riferimento ad un esemplare che rappresenta un punto chiave dell’ecosistema: possiamo parlare di danno ambientale gravissimo, che si ripercuote su tutto l’ecosistema, scompensandolo. Anche in questo territorio, purtroppo, la sensibilità per l’ambiente viene sempre dopo il resto. Tutti si lamentano, ma nel concreto – ha concluso il professor Marcelli – non si riesce a tutelare questo nostro ricco litorale».
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