A Villa Albani scoppia il caos dopo una mail di denuncia ai vertici aziendali di una impiegata nei confronti di un collega che controllava il dispositivo da remoto Csp, spiata con una telecamera in ufficio sotto la scrivania
CIVITAVECCHIA – Avrebbe spiato da remoto almeno due colleghe di Csp attraverso una telecamera nascosta sotto la scrivania: dopo la denuncia di una delle due, il vertice di Csp non solo ad oggi non avrebbe preso alcun provvedimento, ma addirittura il protagonista del fatto avrebbe ricevuto una promozione.
E’ in estrema sintesi quanto sarebbe accaduto negli uffici di Villa Albani, stando ad una circostanziata mail di denuncia inviata lo scorso 8 luglio da una impiegata della municipalizzata al responsabile del personale dell’azienda Paolo Iarlori e per conoscenza al presidente del consiglio di amministrazione Fabrizio Lungarini, al consigliere Matteo Mormino e al direttore generale Daniele Pistola.
Nella mail, la donna non solo ricostruisce l’accaduto ma fa anche il nome di chi, quella presunta telecamera illegale, l’avrebbe posizionata in modo da osservarle, dice lei, la biancheria intima.
La donna nella missiva denuncia che, verso metà giugno, le apparecchiature elettroniche dell’ufficio, che divide con un’altra collega, quali computer e telefoni, avevano spesso delle strane interferenze. Dopo giorni passati a capire cosa potesse essere l’origine di quei disturbi la donna e la sua collega di stanza individuano una telecamera, occultata e posizionata verso la parte bassa della postazione di lavoro.
Nel rinvenire l’apparecchiatura, le due impiegate hanno scoperto anche chi ci fosse dall’altra parte del dispositivo, controllato da remoto, distinguendo chiaramente la voce di un collega che evidentemente non si era accorto di avere il microfono aperto.
L’impiegato che la utilizzava poteva collegarsi anche da casa e, una volta vistosi scoperto, ha ammesso di avere installato la telecamera.
Insomma una vicenda al momento fumosa, ma frutto di una denuncia circostanziata da parte della dipendente, sulla quale andrebbe fatta chiarezza prendendo, nel caso ci fossero conferme, provvedimenti nei confronti di chi ha installato quell’oggetto in un luogo di lavoro, contravvenendo ad ogni divieto dello Statuto dei Lavoratori e, nel caso fosse confermato che l’obiettivo puntava sulle parti intime della dipendente, configurando probabilmente anche altre tipologie di reato.
Se invece così non fosse, il vertice dell’azienda dovrebbe, al termine di una minuziosa istruttoria, dare comunque ogni più esauriente e convincente spiegazione del caso alla dipendente che – trovandosi una telecamera in funzione puntata sotto la propria scrivania, si è giustamente sentita spiata e violata nella propria intimità.
Una risposta che ad oggi non sarebbe arrivata, mentre invece pare che il dipendente cine-amatore sia nel frattempo stato anche promosso.
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