Migranti, avviate le operazioni della Life support di Emergency per lo sbarco al porto di Civitavecchia
CIVITAVECCHIA – Attraccata alle 8,30 al molo 15 del porto di Civitavecchia la nave Life Support di EMERGENCY con a bordo 156 migranti, tratti in salvo durante la notte e la prima mattina del 16 febbraio.
Tra loro 29 minorenni stranieri, 21 dei quali non accompagnati e 3 minori tra i 7 e i 10 anni di età con i propri genitori che rimarranno a Civitavecchia.
Le condizioni delle persone sarebbero di buona salute, alcuni dei quali riporterebbero però ferite per maltrattamenti, tutti di nazionalità differenti. Provengono da Gambia, Chad, Camerun, Senegal Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Guinea Konakri. Salito adesso a bordo il personale sanitario USMAF per i primi controlli sanitari.
Presente il sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco, l’assessore ai Servizi sociali Cinzia Napoli e il vescovo Gianrico Ruzza. Intervenuti in prima linea i volontari della Cri, Asl Roma 4, l’Autorità portuale con il presidente Pino Musolino, Forze dell’Ordine e Protezione civile.
Il vescovo Gianrico Ruzza si è recato nel porto per ringraziare gli operatori portuali, le forze dell’ordine, i sanitari della Asl Rm 4 e i volontari di Croce Rossa e Protezione Civile che hanno prestato il soccorso e le operazioni di accoglienza.
Lo sbarco e la sistemazione dei migranti, quasi tutti in condizione di richiedenti asilo, sarà effettuata dal primo pomeriggio dopo i controlli sanitari e le procedure di identificazione.
AGGIORNAMENTO: Al momento sono in corso i primi trasferimenti di sei minori al Ponte, la comunità terapeutica per minori e adolescenti di Civitavecchia.
Molti naufraghi raccontano di essere stati reclusi arbitrariamente in Libia dove hanno subìto violenze.
“Oggi è il primo giorno della mia vita – commenta Iusef, uno degli uomini soccorsi, che sul corpo riposta i segni delle violenze subito in Libia –. Non volevo passare la mia vita a fare il soldato e far la guerra per cui ho lasciato il mio Paese dopo aver terminato le scuole superiori. Mio fratello minore ha deciso di partire con me ma purtroppo in Libia siamo stati divisi e ora non ho idea di dove sia. É dura sentirmi ora al sicuro sapendo che lui in questo esatto momento è probabilmente ancora in qualche carcere libico. Ho 26 anni ma ho deciso di non contare i tre anni passati in Libia, come se la mia vita li si fosse interrotta e fosse ripresa solo oggi”.“Per due anni ho viaggiato solo, sapendo che non c’era nessuno ad aiutarmi e che ero l’unico che si sarebbe preso cura di me. Molte volte ho pensato ai miei genitori, rimasti in Nigeria – racconta Keda, uno dei 28 minori non accompagnati a bordo della Life Support –. Adesso mi sento addosso un’enorme responsabilità, la mia famiglia ha fatto enormi sacrifici per farmi arrivare fin qui e io ora farò altrettanto per loro”.
Le operazioni di salvataggio della Life Support si sono svolte in due momenti diversi.
La prima ha riguardato una piccola imbarcazione di legno in difficoltà in acque internazionali, individuata poco dopo le ore 12 della notte del 16 febbraio. Avvisate le autorità competenti, il team di EMERGENCY ha iniziato le operazioni di salvataggio.
Il trasferimento a bordo ha riguardato 46 naufraghi tutti uomini provenienti da Bangladesh, Pakistan, Sudan, Eritrea ed Egitto.
Dopo aver concluso le operazioni di salvataggio e aver informato le autorità, la Life Support ha chiesto un POS dove sbarcare i naufraghi.
Mentre attendeva una risposta, ha ricominciato le attività di ricerca di una imbarcazione in condizioni precarie che era stata segnalata dalle persone soccorse durante la notte.
Verso le ore 8.30 del mattino, un’ora dopo aver ricevuto il POS di Civitavecchia, la Life Support ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà. Si trattava di un gommone grigio di una decina di metri.
La Life Support ha iniziato le operazioni di salvataggio in coordinamento con la MRCC italiana. I naufraghi erano 110. Le operazioni si sono concluse alle ore 11.30. Per ora non ci sono tracce della barca segnalata dai naufraghi del primo soccorso.
”Durante le due operazioni di salvataggio eravamo l’unica Ongin acque internazionali della zona Sar. Abbiamo avuto abbastanza difficoltà perché entrambe le imbarcazioni avevano evidenti problemi alla navigazione. La vita di queste persone eraveramente a rischio, se non le avessimo trovate in tempo –dichiara Emanuele Nannini, Capo missione SAR di EMERGENCY – Per noi il senso di questa missione è soprattutto salvare la vita di persone che scappano da guerra, torture e situazioni di sofferenza ma soprattutto dall’inferno libico. La società civile sta cercando di colmare un vuoto che è stato creato dall’indifferenza e dalla miopia delle istituzioni che da un lato non garantiscono canali sicuri per venire in Europa e dall’altro stanno facendo di tutto per fare in modo che la frontiera più letale dell’immigrazione venga completamente lasciata scoperta. Il nostro mandato è continuare a salvare vite in mare.”
Beatrice Pucci