Sfottò in vasca: dallo scherzo alle botte
Una storia tutta da chiarire, che parla di sport e prevaricazioni, di ambizioni legittime e sogni infranti. Che parla di agonismo, ma anche di scarsa condivisione. E soprattutto parla di minorenni, della linea sottile che divide lo scherzo dalla derisione, il gioco dalla canzonatura, il battibecco dalla violenza. Se dietro tutto questo c’è chi ipotizza episodi di bullismo, allora le cose si complicano e diventa difficile trovare il bandolo della matassa.
Ci sta provando Bo Guerreschi della Onlus Bon’t Worry che si occupa di violenza di genere, ci stanno provando i Carabinieri che hanno raccolto le denunce delle parti che si ritengono offese in questa triste vicenda.
Tutto ruota intorno allo Stadio del nuoto, a un baby pallanuotista, ad alcuni suoi compagni di vasca, a un allenatore, alla società per la quale opera e ai genitori dei minorenni coinvolti.
La storia risale alla fine di gennaio, ma è stata offerta alle cronache nazionali – probabilmente dalla Bon’t Worry – solo in questi giorni. Si parla di un atleta sedicenne, innamorato della pallanuoto ma costretto a fare i conti con continui sfottò da parte dei compagni per via del suo aspetto fisico. Un ragazzone forte e sano, dalle spalle larghe – è proprio il caso di dirlo – tipiche del pallanuotista. Ma dio solo sa cosa scatta nella testa dei ragazzi quando iniziano a spingere in maniera ripetitiva su aspetti che sanno essere il tallone d’Achille per la vittima dello scherzo. Ed è allora che lo scherzo sfugge di mano e una dinamica sportiva lascia lo spogliatoio e finisce in un’aula di tribunale, trascinando dentro una storia tristissima anche allenatore e società. Proprio da un rimprovero eccessivo del coach, paradossalmente, sarebbe partita la scintilla: i ragazzi si accodano, sghignazzano, il baby pallanuotista, esausto, esplode e colpisce uno dei suoi compagni con un pugno in pieno volto.
Scoppia il caso. Il giovane viene sospeso e querelato dalla famiglia dell’atleta ferito. Anche quella del baby pallanuotista scende in campo con una denuncia per violenza privata nella quale vengono descritti anni di calvario vissuti a causa delle ripetute prese in giro da parte dei compagni di squadra. Il sedicenne si chiude in casa, non vuole più andare a scuola. È convinto che la sua strada sia proprio la pallanuoto, ma non a quel prezzo. Nel calderone delle accuse finisce anche la società che non avrebbe mai preso una posizione netta in questa assurda vicenda.
Quanto accaduto a fine gennaio allo Stadio del nuoto è diventato un caso nazionale, uno di quei fatti raccontati – come è giusto che sia – con tatto e rispetto delle parti coinvolte, soprattutto dei minori. E noi non vogliamo essere da meno: ci limitiamo a riportare la notizia così come è stata divulgata in attesa che anche gli avvocati delle parti riescano a fare maggiore chiarezza sugli ogni aspetto legato a questa triste vicenda che deve far riflettere.
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