Il racconto di Carlo Cuppini Da sette giorni in sciopero della fame per dire no «alle discriminazioni»
LADISPOLI – Da sette giorni sta portando avanti lo sciopero della fame per protestare «contro le discriminazioni» che a causa delle norme del Governo Draghi in merito all’uso, in Italia, del green pass, stanno vedendo una grande fetta di italiani essere esclusa da ogni tipo di attività sociale. Cinema, mezzi di trasporto, ristoranti, musei, palestre, ma anche il lavoro. Senza certificazione verde è praticamente impossibile, ormai, condurre una vita pressoché normale. Si chiama Carlo Cuppini, scrittore per passione e diletto lavora presso una casa editrice a Firenze, ma è molto legato, anche per motivi familiari, a Ladispoli, dove in molti lo conoscono. Sebbene queste restrizioni non lo tocchino in prima persona (è vaccinato e dunque è in possesso del super green pass), per Carlo queste discriminazioni non sono tollerabili. «Non riesco a convivere con l’idea che persone che non infrangono alcuna norma, ma disattendono solo una raccomandazione, vengano punite in modo sproporzionato, non rispetto a un discorso sanitario, ma rispetto a quello che è il funzionamento dello stato di diritto». Una situazione che sta creando dei «drammi sociali non da poco», ha spiegato Cuppini, con persone che si ritrovano ora senza un lavoro perché sospese e dunque senza uno stipendio. E tra loro, tra questa fetta di popolazione che facendo una scelta, quella cioè di non vaccinarsi, ci sono anche ragazzi e bambini, anche loro vittime di un sistema che li esclude ogni giorno da un qualsiasi tipo di vita sociale, «minorenni che dovrebbero essere tutelati dalle figure di garanzia e che ora invece si trovano a non poter praticare determinate attività. Sono dei traumi di cui lo Stato si fa carico consapevolmente e che stanno devastando una generazione». La speranza per Carlo Cuppini è che, grazie alla presa di coscienza da parte di una sempre più ampia fetta della popolazione, lo strumento del green pass venga finalmente messo da parte e mai più rispolverato, «perché se invece sarà lo Stato a metterlo in un cassetto, adducendo al calo dei contagi, allora potrà, tra qualche mese, tra un anno, rispolverarlo e reintrodurlo nuovamente. E questo non deve accadere».
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